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lunedì 19 settembre 2022

PLAN 9 FROM OUTER SPACE

1107_PLAN 9 FROM OUTER SPACE . Stati Uniti 1959;  Regia di Edward D. Wood Jr.

Quando, nel 1980, Plan9 from Outer Space vinse il Golden Turkey Awards come peggior film mai realizzato di sempre e lo stesso premio per il peggior regista mai esistito venne affibbiato al suo autore Ed Wood, per pellicola e autore fu una vera svolta. In precedenza tanto il film che Wood erano rimasti per lo più nell’anonimato, insieme alla moltitudine di prodotti e cineasti dozzinali. Una situazione che era nella natura delle cose: in qualunque ambito la produzione è diversificata e stratificata per qualità. E se certo era difficile stabilire quale fosse il film più bello o il regista più bravo, era addirittura un’impresa proibitiva definire i rispettivi vertici in negativo. La piramide è l’immagine migliore per comprendere come sia impossibile fare un preciso distinguo tanto più ci si allontana dalla vetta. Tuttavia i citati riconoscimenti vennero assegnati ad Ed Wood e al suo Plan 9 from Outer Space e in effetti qualche motivo per questa scelta i fratelli Medved, gli autori del programma Il peggio di Hollywood, dovettero averla. E, per assurdo, è probabilmente in quei motivi che risiede l’aspetto più interessante del film. Perché, pur non essendo un film poi peggiore di tanti altri, Plan 9 from Outer Space salta in effetti un po’ all’occhio rispetto ad altri prodotti mediocri. La caratteristica tutto sommato abbastanza insolita del film di Wood è che l’autore aveva un’idea anche ambiziosa, a livello teorico e, pur non disponendo praticamente di alcun budget, non rinunciò comunque a cercare di metterla in atto. Oltretutto l’idea alla base di Plan 9 from Outer Space era non solo ambiziosa concettualmente ma necessitava di una messa in scena adeguatamente sontuosa per poter rispondere alle aspettative create. 

In base alla struttura che si intravvede nell’opera, qui non si trattava di utilizzare fantascienza e horror in modo contaminato come nei contemporanei film di Science Fiction degli anni Cinquanta, basti pensare a Jack Arnold e al suo Destinazione… Terra!. In quest’opera, quasi citata dal titolo del film di Wood (in originale quello di Arnold si intitola It come from the Outer Space), come in altre dello stesso genere, la connessione con l’horror è legata alla paura per il futuro che si celava dietro la patina dell’ottimismo del boom economico. L’ignoto sfidato dai viaggi spaziali, le misteriose insidie provenienti da oltre la cortina di ferro sovietica e su tutte la paura atomica per un’eventuale guerra nucleare erano temi persistenti ma allo stesso tempo latenti rispetto alla narrazione ottimistica quotidiana e trovarono nella fantascienza dell’epoca la perfetta valvola di sfogo. 

Il connubio tra la science fiction e l’horror di Plan 9 from Outer Space è invece più schematico: la trama fantascientifica, inquietante per temi ma ben poco nella messa in scena, innesca – o forse dovremmo dire ‘vorrebbe innescare’ – una pista orrorifica quantomai classica. Gli alieni sono del tutto simili agli umani, sono perfino maschilisti, e coi loro dischi volanti vanno e vengono sulla Terra e presto scopriamo che non è una novità recente; a suo tempo hanno provato ad essere amichevoli ma si sono resi conto dell’ottusità bellicosa dei terrestri. Prevedendo che questi arriveranno presto a distruggere l’intero universo, mettono in atto il famoso Piano 9 che dà il titolo al lungometraggio: risvegliare i morti. 

L’idea che gli alieni possano ridestare i defunti infestando il mondo di zombi non è neanche male, a pensarci. La messa in scena finale di Plan 9 from Outer Space è però davvero sconsolante, frutto della completa assenza di idee geniali da parte di Wood che sopperiscano la mancanza di un budget adeguato, fattore, quest’ultimo, che avrebbe comunque reso ardua una realizzazione almeno decente anche per un regista capace. E’ questa forbice, l’idea di un film che poteva essere anche interessante paragonato alla sua sciatta realizzazione, che amplifica l’impressione negativa per il fallimentare lavoro del regista. Bisogna essere franchi: da un punto di vista formale non ci sono note positive da segnalare di ciò che è rimasto sullo schermo, se non l’evidente passione di Wood per il cinema. Carenze recitative si sommano a soluzioni di povertà concettuale realizzate con tecnica imbarazzante. Ciononostante vanno segnalati con affetto la presenza di Bela Lugosi, con immagini prese da un altro progetto di Wood, oltre a Vampira/Maila Nurmi e Tor Johnson. Quello di Ed Wood non è il peggiore di sempre ma, onestamente, nemmeno meriterebbe di essere quel film di culto che negli ultimi decenni è diventato. E’ un’opera che merita il rispetto per l’amore che il suo autore vi ha profuso, questo fuor di dubbio. E, in quest’ottica, chi nutre quello stesso amore per il cinema, per i suoi generi, per i suoi cliché narrativi, per i suoi interpreti, non può che guardarlo con simpatia. E se un film ispira una qualche forma di sentimento positivo, non può certo essere considerato il peggiore della Storia.      



Vampira / Maila Nurmi 










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