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martedì 27 settembre 2022

IL BANCHIERE ANARCHICO

1115_IL BANCHIERE ANARCHICO . Italia 2018;  Regia di Giulio Base.

Nei titoli di coda dell’inusuale film Il banchiere anarchico di Giulio Base, troviamo quella che viene definita “bibliografia essenziale”. Ovvero: L’Unico e la sua proprietà di Max Stirner, Psicologie delle masse e analisi dell’io di Sigmund Freud, Il Capitale di Karl Marx, La morale anarchica di Petr Kropotkin, Anarchismo e coesistenza politica di Errico Malatesta, La nausea di Jean-Paul Sartre, La sincronicità di Carl G. Jung, Fascismo strisciante di Noam Chomsky, Manuale dello speculatore di borsa di Pierre-Joseph Proudhon, Stato e anarchia di Michail Bakunin, Tractatus logico-philosophicus di Lev Trockij, L’evoluzione del socialismo dall’utopia alla scienza di Friedrich Engels, L’uomo in rivolta di Albert Camus, Il campionato della lotta mondiale di classe di Vladimir Majaskovskij, Povera gente di Fedor Dostoevskij, Critica alla ragion pura di Immanuel Kant, Fondamenti della filosofia dell’avvenire di Ludwig Feuerbach, La ricchezza delle nazioni di Adam Smith, Che cosa significa pensare? Martin Heidegger, La guerra di guerriglia di Ernesto Che Guevara, Il crepuscolo degli idoli di Fredrich Nietzsche, Libretto rosso di Mao Tse-Tung, Fenomenologia dello spirito di Friedrich Hegel, Contro la codardia di Soren Kierkegaard, Guerra e rivoluzione di Lev Tolstoj, Rapsodie gitane di Blaise Condrars, Scritti corsari di Pier Paolo Pasolini. Che poi il testo da cui è tratto il lungometraggio è un altro libro ancora, il racconto omonimo di Fernando Pessoa. In ogni caso, par di capire, per comprendere al meglio le dissertazioni tra il banchiere in questione (lo stesso regista Giulio Base) e il suo fido amico (Paolo Fosso), serve avere l’enciclopedica cultura specificata. 

Per l’uomo della strada, per la persona di media cultura, che di tutti quei libri può sperare al massimo di averne letto giusto qualcuno, non sembra però così difficile comprendere dove vogliano andare a parare Base e probabilmente anche Pessoa. L’idea che comunemente si ha è che il mondo del capitalismo sfrenato, quello finanziario di cui il banchiere è un perfetto esempio, e le filosofie anarchiche, a cui il nostro dichiara di aderire, siano in antitesi. Il lungo monologo del banchiere, inframezzato dagli interventi del suo succube amico, timidi in avvio poi via via più concitati, prova a smentire tale convinzione. Un punto di vista inaspettato visto che l’élite finanziaria, al contrario, da sempre ama definirsi conservatrice e custode dei valori tradizionali della società. 

Una prevedibile scelta di campo non certo azzardata, ma solida e affidabile; come piace alla finanza del resto. Ma qui si insinua, o prova a farlo, il banchiere anarchico: quella dichiarata dalla classe economicamente dominante sarebbe dunque un’impostazione di comodo e di facciata, ipocrita, visto che i tanti passaggi logici dell’eloquio del protagonista dimostrano piuttosto che, in realtà, il potere è anarchico tanto quanto chi lo contesta. E se a confessarlo è il super-banchiere protagonista non ci possono essere dubbi. Pare strano? Leggetevi la sconfinata bibliografia essenziale, sembra essere la provocatoria implicita replica di Giulio Base, e vedrete che non è così. In definitiva, è convincente l’opera di Giulio Base? Mica tanto, per la verità. Perché si ha come l’impressione che la sua bibliografia essenziale, per altro invidiabilissima come conoscenza – detto senza alcuna remora – permei un po’ tutto quanto il nostro mondo. E quindi tutto sommato accessibile, magari attraverso canali indiretti, diciamo così. Di conseguenza, non è poi così sconvolgente apprendere che il banchiere del racconto sia anarchico: banalizzando – colpevolmente, bisogna ammetterlo ma tant’è – pecunia non olet. Piuttosto, forse il testo lascia di stucco coloro i quali abbiano creduto che l’anarchia, il comunismo e tutte le dottrine di rivendicazione sociale in genere, fossero una sorta di garanzia morale. Ma basta ricordare l’evoluzione avuta negli anni dei più accaniti agitatori della rivoluzione sessantottina per avere semmai dubbi che sia vero il contrario.  


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