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giovedì 15 settembre 2022

SATAN IN HIGH HEELS

 1103_SATAN IN HIGH HEELS Stati Uniti 1962;  Regia di Jerald Intrator.

Abitualmente, il genere sexploitation non è che si fregi di una confezione cinematografica degna di nota, almeno in senso canonico; sono altri, gli elementi su cui fonda la sua ragion d’essere. Satan in High Hells dello specialista Jerald Intrator stupisce invece per la costruzione complessiva davvero sorprendente. Innanzitutto la messa in scena è di buon livello, con inquadrature convenzionali ma ben preparate; la fotografia e i dettagli tecnici della qualità delle immagini pongono Satan in High Hells in una categoria superiore rispetto al tipico prodotto di genere. La colonna sonora, che accompagna il film ambientato in un locale notturno della New York dei primi anni Sessanta, è poi addirittura notevole. Opera di Mundell Love, la traccia sonora spazia attraverso diversi generi, dal jazz, allo swing, al bebop; da applausi le due performance canore di Meg Myles (è Stacey, la satanica protagonista) che si disimpegna molto bene anche nella recitazione. E’ evidente che il ruolo l’abbia ottenuto per le sue doti fisiche (famoso il suo personale 107-61-92) ma le va dato atto di una prestazione attoriale decisamente convincente. Inoltre, la storia si lascia seguire e la sceneggiatura è abbastanza curata come dimostra il ritorno sulla scena sul finale di Rudy (Earl Hammond), marito di Stacey, che era stato buggerato e abbandonato dalla donna in un paesino di periferia nell’incipit. Quando la ritrova a New York, vuol farle pagare sonoramente il conto ma nel confronto fisico finisce a mal partito sopraffatto dalla veemenza della moglie. Questa scena, per quanto tutto sommato realistica, visto che la donna si è appena esibita in una canzone dai contenuti sadomaso, è una di quelle che si possono considerare tipiche del sexploitation; che, in fin della fiera non sono neanche tante, visto che la narrazione deve aver preso la mano agli autori che, col passare dei minuti, privilegiano la trama alle scene stuzzicanti. Queste sono più numerose nella prima parte e va detto che sono molto intriganti, visto che la Myles dimostra di reggere splendidamente anche le atmosfere fetish, come del resto anticipa il titolo del film. Da un punto di vista morale, aspetto non poi così raramente presente in questo genere di film, si fa notare ripetutamente la mancanza di scrupoli di Stacey, seppure la ragazza non è che si muova in un ambiente che pullula di educande. Tra le interpreti, da segnale Grayson Hall nei panni di Pepe, Pat Hammer in quelli di una spogliarellista e la platinatissima Sabrina in quelli di sé stessa, una cantante da night club. Insomma, nel complesso, uno dei migliori esempi di sexploitation: insieme ai contenuti piccanti che non mancano, la storia è ben costruita e lascia oltretutto intendere il moralismo diffuso spesso in quegli ambienti che, in teoria, avrebbero dovuto essere scevri.     






Meg Myles 







Sabrina (Norma Sykes)










Grayson Hall 



Galleria di manifesti 











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