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martedì 20 settembre 2022

GLI AVVENTURIERI

1108_GLI AVVENTURIERI (Dodge City). Stati Uniti 1939;  Regia di Michael Curtiz.

Mentre, in quello stesso 1939, John Ford realizzava il primo western classico della storia (Ombre rosse), Michael Curtiz, alle prese con il suo approccio al genere, sanciva in un’unica opera quasi tutti i connotati della versione romantica dei film sulla frontiera. Gli avventurieri vede infatti una sfilza di luoghi comuni dei film western del periodo, allineati con superba maestria stilistica da Curtiz, che riusciva sempre a dare il giusto ritmo alle sue pellicole: c’è la corsa in diligenza, quella in treno con rapina, la sparatoria, le mandrie di bovini, la città turbolenta (Dodge City, a cui è intitolata la versione originale), il saloon, il tentativo di linciaggio… A dar corpo a questa serie di topoi western un gruppo di esordienti nel genere: di Curtiz si è detto, ma anche il cast vede i protagonisti principali, Errol Flynn, Olivia de Havilland e Ann Sheridan, cimentarsi per la prima volta con i film dei cowboy. Per altro, come si può notare anche dai nomi sui manifesti, dei tre interpreti principali due sono femminili, e questo conferma la matrice romantica di Gli avventurieri. In effetti, il western, prima di assumere una sua identità propria e peculiare (cosa che avverrà con il suo periodo classico), aveva le caratteristiche tipiche delle storie di avventure, abitualmente declinate al plurale ad intendere che, oltre all’azione, c’era anche una solida attività sentimentale che si sviluppava. In questo senso il cast è perciò ben rodato, dato che Flynn e la de Havilland, che nella storia dopo le prevedibili schermaglie se la intendono, avevano già una manciata di film girati come coppia affiatata (Capitan Blood, 1935 o La leggenda di Robin Hood, 1938, per restare ai più noti) diretti tra l’altro proprio da Curtiz. 

In sostanza un gruppo di artisti, con armonie e automatismi ben oliati, trasferisce il genere avventuroso, di cui conosceva benissimo il funzionamento, nel Far West ed è quindi naturale che questa versione del western non differisca poi molto dai tipici racconti romantici in voga al tempo. Si tratta di una soluzione che verrà riproposta per tutti gli anni quaranta, fatto salvo autori geniali come John Ford che, come si è detto, era in clamoroso anticipo sui tempi. Questa operazione di ambientazione nella frontiera di semplici storie di avventure è ancora molto leggibile, in questo Gli avventurieri, forse per la peculiarità della suddetta situazione contingente; in seguito, il western romantico inteso come corrente, insisterà maggiormente su specifici temi, come l’esaltazione della figura del bandito. Non che la cosa fosse estranea ai racconti di avventura classica, si pensi al citato Robin Hood, ad esempio, che era un fuorilegge, ma molto spesso i western degli anni quaranta esagerarono in quella direzione. Diversamente Curtiz, per il suo protagonista, ritaglia una figura chiaramente ispirata allo storico personaggio di Wyatt Earp che, se qualche magagna nel suo passato ce la poteva avere, era pur sempre stato uno sceriffo.Wade Hatton, il personaggio di spicco di Gli avventurieri, è un personaggio indubbiamente positivo ma Curtiz si premura comunque di giustificarne alcune azioni non proprio edificanti, come la caccia al bisonte. 

Wade, infatti, aveva sì ucciso i bovini delle pianure, ma solo per sfamare gli operai al lavoro nella ferrovia; viene evidenziato il diverso comportamento di Surrett (Bruce Cabot), il cattivo di turno, che, diversamente, uccideva le bestie per via delle pelli lasciando poi le carcasse a marcire, con grave danno per gli indiani della zona che necessitavano dei bisonti per sopravvivere. Del resto l’aspetto atletico e pulito di Flynn era perfetto per rappresentare l’eroe senza macchia e senza paura, sebbene nel turbolento contesto la sua figura fatichi un poco a rimanere immacolata. La morte dell’insulso fratello di Abbie (la de Havilland) gli viene infatti pesare dalla ragazza ma la cosa sembra più che altro uno stratagemma della vicenda sentimentale che un reale peccato del protagonista che, oggettivamente, non ha alcuna colpa nello specifico. Insomma, gli attori portano avanti la storia sul velluto, abili nel gestire la doppia traccia, quella avventurosa e quella romantica con eguale perizia; dal canto suo Curtiz in regia è assoluta garanzia di funzionalità e ci regala moltissimi passaggi di grande efficacia. Il più memorabile? La devastante rissa nel saloon, pietra miliare nel campo specifico.  


Oliva de Havilland 



Ann Sheridan 








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