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domenica 18 settembre 2022

PARKLAND

1106_PARKLAND . Stati Uniti 2013;  Regia di Peter Landesman.

Ad un certo punto, a commento delle traversie occorse alla salma del povero John Fitzgerald Kennedy, contesa tra le altre cose tra le autorità texane e il suo servizio di sicurezza, uno dei membri di quest’ultimo si lascia andare ad un’esternazione piuttosto tranciante: “che paese di merda per morire”. Non certo un commento lusinghiero, per il Texas, ma alla luce dei fatti mostrati da Parkland, sul momento pare inesatto, diciamo così, per difetto. Il film di Peter Landesman, che rievoca l’assassinio di Kennedy in quel di Dallas il 22 novembre 1963, non è che sia un testo particolarmente indispensabile, aggiungendo di rilevante troppo poco a quanto già noto. Sì, d’accordo, qui l’accento è posto sia sull’ospedale, il Parkland Memorial Hospital, da cui il titolo, e sul filmato amatoriale che riprese l’evento per mano di Abraham Zapruder (Paul Giamatti). C’è insolitamente tanto spazio anche per il fratello dell’attentatore, Robert Oswald (James Badge Dale), che prova a farci capire le difficoltà che incontrarono i parenti dell’uomo che uccise Kennedy. Su queste e altre trame secondarie, il film è impostato con un serrato montaggio alternato, che fa ricorso anche ad immagini di repertorio, riuscendo tutto sommato a tenere il ritmo narrativo perlomeno avvincente. Tuttavia sembra un po’ poco, per giustificare la realizzazione di un’opera che finisce per avere la sua ragion d’essere unicamente nella celebrazione della ricorrenza dei 50 anni dai fatti. Ma facciamo comunque il rendiconto di quanto veduto: il Presidente degli Stati Uniti in visita a Dallas è stato ammazzato nonostante il servizio d’ordine; l’assassino, che era già sotto osservazione, ha potuto agire indisturbato; lo stesso assassino è poi stato eliminato quando era detenuto e quindi in custodia delle autorità ed era cosa prevedibilissima che rischiasse la sua incolumità, visto il clamore suscitato dalla morte di un leader tanto amato come Kennedy. Ripensando alle parole dell’agente citate in apertura, il Texas più che un paese pessimo per morire lo sembra per sopravvivere se ti affidi alla sicurezza locale. 




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