1109_TOTO' E I RE DI ROMA . Italia 1951; Regia di Mario Monicelli e Steno.
Sul momento, i titoli di testa di questo Totò e i re di Roma potrebbero farci insorgere
una domanda: come ci può essere un soggetto di Anton Checov, il grande autore
russo, alla base di un film in costume con Totò? In realtà il titolo del film è
fuorviante, perché i citati re di Roma si riferiscono ad una domanda durante
l’esame di licenza elementare che Ercole Pappalardo, il personaggio di Totò,
deve superare. La morte dell’impiegato e Esami di promozione, le opere
di Checov a cui si riferiscono i crediti del film, sono quindi davvero attinenti
al tema della pellicola, che ci narra le gesta appunto di questo Ercole
Pappalardo, archivista-capo al Ministero; un impiegato, dunque. Al di là della
colta citazione messa in vetrina, le velleità di quest’opera cinematografica di
Mario Monicelli e Steno, i registi, sono però abbastanza modeste: quello che viene
mostrato, in tutta la sua miseria, è il Sogno Italiano, nostrana
versione del più rinomato American Dream, che si concretizza nell’ambizione
massima che un individuo può avere nello stivale: il posto fisso. Meglio se nel
settore pubblico. Meglio ancora se senza titoli di merito. E per mantenerlo si
può arrivare a piagnucolare sulle proprie miserie senza un briciolo di dignità
o senso di giustizia che, al pari dell’onestà, non possiamo che costatare come
siano tutte cose che non si mangiano. In fondo è la morale adeguata che si può
trarre da un film il cui protagonista si chiami Pappalardo. E il sacrificio
finale è troppo farsesco per essere un minimo credibile ma, in ogni caso, non è
che una scorciatoia per aver accesso alla fortuna del Lotto, ovvero alla
ricchezza ottenuta in dote dal caso e non per qualche merito. Nonostante il
tono leggero, l’opera non smentisce la sua radice di modestissimo spessore
morale.
Sullo schermo Totò fa la sua parte; è in grande forma e le
risate sono garantite; accanto a lui, nel cast, c’è Alberto Sordi nei panni di
un maestro petulante e insopportabile, e non solo per il povero Pappalardo. Totò,
Sordi, Monicelli, Steno: quattro assi del cinema italiano per mostrarci il lato
peggiore del paese con una commedia. Il che è anche un dramma, perché il loro
scoperto intento è opportunisticamente trovare la nostra commiserazione.
Totò e i re di Roma: la morte del cinema altro
che dell’impiegato, verrebbe quasi da dire, ma sarebbe un commento troppo serio più che severo.
Giovanna Pala
Anna Vita
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