1112_LA BIBBIA (The Bible). Stati Uniti 1966; Regia di John Huston.
Che proprio John Huston, l’autore di Moby Dick venga ingaggiato per dirigere La Bibbia,
colossal prodotto da Dino de Laurentis, può lasciare un poco perplessi. Già il
fatto di essere ateo, sembrerebbe porlo un po’ fuori posto, ma il lavoro fatto
sull’adattamento cinematografico al capolavoro di Melville, ha apertamente
messo il regista in una posizione quantomeno poco rassicurante per i custodi
della religione cristiana. Ma forse è vero anche il contrario: nei temi del Moby Dick, Huston trovò gli stessi
argomenti di cui l’Antico Testamento (e questo La Bibbia
è incentrato sul libro della Genesi) è permeato. Se nel film tratto da Melville
la bestemmia contro Dio era messa in pratica in modo metaforico ma comunque
esplicito, in questo suo trattamento l’operazione assume ovviamente toni meno
evidenti. Ma non per questo meno gravi. Gli episodi scelti affrontano tutti non
tanto il rapporto tra Dio e l’uomo, ma una vera e propria sfida tra i due: più
che un confronto, uno scontro. Adamo ed Eva disobbediscono direttamente ai comandi
di Dio, in seguito Caino prova ad imbrogliarlo con offerte inferiori al giusto,
per arrivare fino a Nemrod che sfida apertamente Dio con la Torre di Babele prima, e poi
addirittura scagliandogli contro una freccia (questa sì una vera bestemmia
esplicita). Il delitto di Caino, i peccati dei suoi discendenti o dei dissoluti
abitanti di Sodoma e Gomorra sono invece mancanze indirette nei confronti di
Dio, e Huston si sofferma soprattutto sul comportamento violento e ambiguo di
Caino e, con particolare riguardo, sugli aspetti sessuali e depravati delle
città poi cancellate dalla rabbiosa punizione divina. Il regista si riserva il
ruolo di Noè, episodio nel quale curiosamente sorvola sulla peccaminosa stirpe
di Caino, per colpa della quale si scatenerà la più grande ira divina della
Storia, ovvero proprio il Diluvio Universale.
Il frangente è scelto però da
Huston come intermezzo, nel quale concedere l’attenzione al lato amabile e
leggero delle scritture, ovvero il giardino zoologico galleggiante custodito
nell’Arca. A tale proposito va sottolineata l’enorme cura e magnificenza delle
ricostruzioni storiche, tra le quali
spiccano lo stesso scafo costruito da Noè, e la Torre di Babele: immagini
fortemente evocative e persuasive al di là della credibilità
tecnico-ingenieristica. L’episodio memorabile del film è quello di Abramo, e
nello specifico del sacrificio richiesto da Dio. In tutta la vicenda emerge la
cattiveria gratuita del dio che prima quasi gioca con le speranze ed ambizioni
di Abramo, e poi si impunta su quello che appare palesemente un capriccio di
portata enorme, come il sacrificio dell’unico figlio. Questi discorsi vanno al
di là dei significati del testo biblico, perché Huston ne fa un film nel 1966 e
quindi deve, in un certo senso, rendere conto di quello che mostra sullo
schermo al suo presente, e non a
quello di duemila anni prima, a cui era rivolta la Genesi. Il suo insistere,
indugiare, crogiolarsi nella crudeltà della richiesta di sacrificio da parte di
Dio, ha forse una motivazione diversa da quella originale, la prova di fede
richiesta dall’Altissimo ad Abramo. Huston filma la crudeltà del Padre, il
sadismo con cui Dio attende che il coltello (già insanguinato) si alzi; non ha
fretta il Dio di Huston, non teme che un imprevisto possa lasciare che la lama
trafigga la gola di Isacco. Non ha compassione, il Dio di Huston nel vedere la
disperazione di Abramo e neppure il muto terrore di Isacco. No, il Dio di
Huston sembra godersi il momento di sublime sadismo divino.
Ed è allora che si capisce davvero la collera del capitano
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