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lunedì 14 dicembre 2020

LA FRECCIA NERA

690_LA FRECCIA NERA . Italia; 1968. Regia di Anton Giulio Majano.

Tratto dall’omonimo romanzo di Robert Louis Stevenson, La Freccia Nera, opera televisiva in sette puntate, è uno dei più celebri sceneggiati prodotto dalla RAI. A suo tempo fu una sorta di svolta nella scelta dei soggetti da cui trarre i suoi racconti filmati che la televisione nazionale italiana mandava in onda; certo, all’origine c’era sempre un romanzo di uno scrittore di grande fama internazionale, che garantiva sul ruolo educativo (nel senso di divulgazione culturale) dell’emittente pubblica, ma si trattava di un testo leggero, seppur di ambientazione storica. La vicenda è infatti raccontata sullo sfondo della Guerra delle due Rose, combattuta in Inghilterra nel XV secolo; ma le questioni politiche rimangono tutto sommato in secondo piano. Il centro della scena è invece conteso tra la storia sentimentale tra Dick Shelton (Aldo Reggiani) e Joan Sedley (una giovanissima ma già spigliata Loretta Goggi in un’interpretazione memorabile), e la sete di vendetta un po’ generale nei confronti del perfido signorotto locale, Sir Daniel Brackley (uno strepitoso Arnoldo Foà). Come si può già intuire, e come da tradizione, uno dei punti di forza dello sceneggiato risiede nelle prestazioni attoriali di un cast enorme che sostiene in modo adeguato un’avventura corale come può esserne una di matrice storica. Ma destano grande impressione anche l’ambientazione, studiata e preparata con cura, nonostante i tanti set in esterni o comunque diversi dai consueti teatri di posa tipici delle produzioni televisive. 

Certo, una certa artificiosità delle location è pur sempre presente, gli sceneggiati del tempo avevano debiti in misura maggiore col teatro che non col cinema, ma la forza evocativa del racconto riesce a convertire anche queste ambientazioni posticce in elementi tutto sommato di fascino. Anche la musica di Riz Ortolani ha un ruolo cruciale ed indimenticabile è la famosissima canzone della sigla, cantata da Leonardo, non a caso messa in chiusura quasi a marchiare a fuoco la memoria degli spettatori fino alla puntata successiva. Del resto la componente musicale era uno degli elementi di forza anche dell’interpretazione italiana del cinema western, un genere tutto sommato simile all’avventura. E agli spaghetti-western si può ricondurre la vena comica con cui viene annacquata la violenza di molti scontri che inevitabilmente sono presenti nella vicenda; è una soluzione funzionale già sperimentata con successo dal nostro cinema di genere e riproposta anche in questo ambito. 

Sempre al nostro cinema, in questo caso alla versione italiana del gotico, fa riferimento l’atmosfera lugubre e inquietante, resa in modo efficace dal bianco e nero delle immagini. Gli episodi hanno un andamento discontinuo, con qualche lungaggine di troppo nelle fasi iniziali e un’accelerata a puntata ben avviata, in modo da arrivare al finale lasciando lo spettatore sulle spine fino alla settimana successiva. Stratagemmi tipici della narrativa d’appendice o comunque scandita in uscite periodiche. L’opera fu uno grande successo televisivo e si ricorda soprattutto per aver consacrato definitivamente il successo di Loretta Goggi: la polivalente artista nata a Roma aveva già una lunga carriera in ruoli di ragazzina. Forse la scelta per il ruolo di Joan è anche per consacrarne artisticamente il definitivo approdo alla sfera adulta; la protagonista del La Freccia Nera è infatti una fanciulla ancora un po’ acerba tanto che inizialmente Dick nemmeno si accorge che è una ragazza. Successivamente se ne innamora perdutamente, a dir la verità in modo poco credibile visto che fino ad allora ai suoi occhi era stato un semplice bamboccio. E, tra l’altro, anche quando Joan si veste in modo più dichiaratamente femminile non è che la Goggi l’aiuti a farci una gran figura; Loretta è da considerare indubbiamente una bella donna, d’accordo, ma ne La Freccia Nera sotto questo aspetto perde pesantemente il confronto sia con la semisconosciuta Maria Grazia Bianchi (è Kitti) e soprattutto con la bellissima Milla Sannoner (è Alice). In effetti la cosa deve essere balzata agli occhi degli sceneggiatori perché nel quinto episodio ci sono un paio di rimandi che sottolineano quanto sia avvenente il personaggio della Sannoner, quasi a giustificare il fatto che il protagonista non se ne innamori seduta stante. 


Viceversa Loretta, pur se come detto diviene probabilmente proprio grazie a La Freccia Nera una celebrità, non è del tutto convincente; ma, in fondo, nemmeno Aldo Reggiani regge sempre la scena in modo opportuno. Ma le loro incertezze rendono quasi più credibile la vicenda, visto che i loro personaggi si distinguono, tra gli altri assai più scafati, per un’ingenuità non solo legata alla giovane età. C’è un tentativo, già nel testo di Stevenson ma ben sfruttato da Majano, di proporre un eroe moderno, meno infallibile e più umano, capace di comprendere abbastanza rapidamente l’amarezza che deriva dalla vendetta. E’ un aspetto scivoloso, per un attore, e a questo punto la relativa mancanza di esperienza dei due giovani attori protagonisti ben si presta a svolgere questo compito in modo adeguato anche se, in un certo senso, involontario. Di altro spessore, ma oggettivamente più semplice da interpretare, il ruolo del cattivo Sir Daniel anche se la palma di miglior attore dello sceneggiato viene scippata al bravissimo Foà nel finale. E’ infatti l’episodio conclusivo, davvero strepitoso, a lanciare alla definitiva ribalta l’ambiguo Duca di Glouchester. Adalberto Maria Merli riesce in modo superlativo a mostrare un personaggio che, pur essendo dalla parte dei buoni, è di fatto peggiore di Sir Daniel; Merli tiene il centro della scena in modo magnetico, aiutato anche da un trucco che rende il Duca un personaggio indimenticabile quanto odioso. L’influenza del Duca è notevole su tutta la puntata: la figura di Dick esce rafforzata più dai battibecchi col nobile che lo ha preso in simpatia che dai duelli o dalle schermaglie un po’ prevedibili con Sir Daniel. 


Ma è Alice che, soprattutto grazie alla bellezza della Sannoner, rimane maggiormente nella memoria, anche se la sua conversione negativa, o meglio il suo ritorno alle proprie radici, rimane come nota stonata per non banalizzare troppo il finale con un happy ending collettivo. La ragazza, col suo schierarsi con il Duca e i nobili, rappresenta la mancanza di coraggio, un pericolo che anche Dick e Joan, novelli sposi, sembrano correre anche se poi scelgono di dare la precedenza alle Frecce Nere invece che agli aristocratici. Ciononostante, la figura di Alice acquista maggiore spessore, con le sue scelte e decisioni, non sempre condivisibili ma sempre sofferte; e nell’ultima puntata anche Bennet (Leonardo Severini) fin lì schiacciato dalla personalità di Sir Daniel, ha uno spazio interessante, nella scena della grazia ricevuta per opera di Dick. In definitiva, tutto lo sceneggiato e notevole ma la qualità si alza progressivamente, fino al bellissimo ultimo atto. 

E dire che la settima e conclusiva puntata ha un inizio davvero particolare per essere un prodotto da prima serata televisiva: una decina di minuti abbondanti di combattimenti all’arma bianca tra le fazioni della Rosa Bianca e della Rosa Rossa, senza dialoghi. Finita la battaglia, qualche minuto ancora senza che venga professata parola; e di li a poco parte un inseguimento nella foresta, con insistite scene di cavalieri al galoppo. Insomma, la conclusione dello sceneggiato, sul momento sembra essere un mero succedersi di azione con sviluppi psicologici lasciati fuori dal discorso. In realtà le questioni di pura avventura vengono quasi sbrigate frettolosamente per poi aver più tempo per definire al meglio l’evoluzione della storia, con tutti i risvolti possibili e ipotetici in modo da dare il giusto peso alle scelte che faranno i protagonisti. La vicenda raccontava di un’epoca in cui necessitava un cambio di passo, un’accelerata in senso democratico dell’allora società medioevale. E ai nostri occhi, o meglio, agli occhi degli spettatori del 1968, un nobile che si batteva a fianco dei ribelli e arrivava a disconoscere la violenza come modo per risolvere i problemi forse doveva sembrare troppo ottimista e ingenuo. Perlomeno se osserviamo la Storia del nostro paese negli anni a venire e le scelte dei ribelli di quei tribolatissimi tempi. 


Loretta Goggi


Milla Sannoner




4 commenti:

  1. lo vedeva mia madre... e non l'ho mai beccato in replica... io sono della generazione Fantaghirò ;-)

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  2. me lo sono visto su rai play, come mi indicavi :)
    mi ha ricordato molto il Robin Hood della disney come stile e impostazione, anche se diluito in più puntate...
    mia madre mi ha detto che la sigla all'epoca la cantavano tutti i ragazzini!...
    La Goggi è giovanissima e irriconoscibile, le lunghe scene di combattimento per fortuna si possono saltare agevolmente :P, Will "senzalegge" è il mio personaggio preferito! :)

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  3. La canzone la cantavamo (e all'occorrenza cantiamo ancora oggi) davvero tutti. Il 45 giri Tema di la Freccia Nera Riz Ortolani era una vera hit. Ortolani era bravissimo come autore di colonne sonore, strepitosa quella di Cannibal Holocaust (da sentire su youtube anche se non si è appassionati al genere cannibal. Il mio personaggio preferito di La Freccia Nera è ovviamente Alice, perchè ero un fan di Milla Sannoner, che c'era anche in Sandokan e che da bambino mi piaceva un sacco. E anche ora.

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