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lunedì 18 gennaio 2021

LA SETTIMA VITTIMA

725_LA SETTIMA VITTIMA (The Seventh Victim). Stati Uniti; 1943. Regia di Mark Robson.

Dopo i fasti dei film coi mostri della Universal negli anni 30, il cinema dell’orrore si apprestava a lasciare la ribalta ad un altro genere che meglio avrebbe incarnato le inquietudini del decennio successivo, il noir. Ma, nonostante la produzione serializzata legata a Frankenstein e company continuasse in ossequio alla fama raggiunta, ci fu chi provò ad aggiornare gli stilemi del genere horror alla nuova realtà. Il più influente di questi cineasti non fu un regista ma un produttore: Val Lewton della RKO Radio Pictures. Vero è che a dare la svolta fu un film, Il bacio della pantera (1942) diretto da un maestro come Jacques Tourneur, che fu probabilmente colui che impresse i canoni cinematografici peculiari della nuova corrente. Ma, sotto la guida di Lewton, alla RKO sfornarono una serie di film, diretti dallo stesso Tourneur ma anche da Mark Robson e Robert Wise, che rappresentano al meglio l’interpretazione in chiave horror degli anni 40. La settima vittima è il primo film di questo filone a non essere diretto da Tourneur: il regista di origine francese, sulla scia de Il bacio della pantera, aveva infatti girato anche The Leopard Man consacrando quindi gli stilemi di questa nuova corrente horror e alla RKO decisero di raddoppiare l’impegno. Così mentre Tourneur lavorava su Ho camminato con uno zombie, nel 1943, Val Lewton riuscì a convincere lo studio ad affidare La settima vittima all’esordiente Robson. Il nuovo assunto fu messo in condizione di operare al meglio: Lewton sapeva fare il suo lavoro ed era inoltre in grado di sistemare le sceneggiature quando occorreva. 

Come detto, La settima vittima si attiene grosso modo allo stile impostato per lo studio da Tourneur con una storia misteriosa che, pur se con presupposti diversi, ricalca alcune caratteristiche de Il bacio della pantera. Qui in luogo di persone che vivono tra noi ma sono in grado di trasformarsi in belve feroci ci sono semplici adepti di un culto segreto, i Palladisti, ma il senso di paura sottilmente diffuso è simile. In ogni caso, il rimando alla pellicola capostipite degli horror della RKO non è solo nello stile ma è reso proprio esplicito: nel film di Robson ritroviamo Tom Conway, già presente nella precedente pellicola di Tourneur, nel ruolo dello stesso personaggio, il dottor Louis Judd. Il dottor Judd, tra l’altro, nel finale de Il bacio della pantera moriva quindi non è chiaro se sia invece sopravvissuto, se quello di Robson sia un prequel, o se sia un semplice caso. 

Va detto che, ad un certo punto, Judd fa riferimento ad una sua paziente che impazzì, e c’è chi ha ipotizzato che si stia riferendo alla Irena interpretata da Simone Simon in Cat people. A parte questi dettagli, La settima vittima è un film certamente debitore a Il bacio della pantera soprattutto per l’atmosfera di cui è intriso e per alcuni passaggi, come l’uccisione dell’ispettore August (Lou Lubin), tra le ombre magistralmente orchestrate dal direttore della fotografia Nicholas Musuraca, o a quello che è una sorta di anticipo della scena hitchcockiana per eccellenza, ovvero quella della doccia in Psyco (1960). Nel film mancano, quindi, gli elementi fantastici presenti nelle opere di Tourneur per la RKO ma non per questo La settima vittima è meno inquietante, anzi. Introdotta da un lugubre verso del poeta John Donne, l’opera è incentrata sulla scomparsa di Jacqueline (Jean Brooks). 

Sulle sue tracce si mette la sorella minore  Mary (Kim Hunter), presto aiutata dal cognato Gregory Ward (Hugh Beaumont), che però sul momento omette di rivelarle di essersi appunto sposato con Jaqueline. Ci sono quindi una serie di misteri, e non solo la scomparsa di Jaqueline, nella storia: d’accordo, è importante scoprire dove sia finita, ma perché ha ceduto la sua ditta di profumi? Perché si è sposata senza avvisare la sorella? E perché suo marito non si rivela come tale alla cognata? E ancora non abbiamo parlato dei palladisti. Che, quando capiterà di incontrarli, sorprenderanno per le loro vesti dimesse: semplici persone, perlopiù un po’ attempate, che professano tra l’altro la non violenza. A meno che uno non voglia uscire dalla setta: in quel caso, morte, come era capitato già in sei casi. E Jacqueline, che poi salta fuori pure lei, è appunto quella che potrebbe divenire, nel caso insistesse nel voler abbandonare questi palladisti, la settima vittima. 

Ecco, Jacqueline, che viene decantata come una vera e propria femme fatale degna di un noir, quando compare, con i capelli neri e una fitta frangetta, lascia un po’interdetti. Certo, Jean Brooks è una donna bellissima ma appare anche fragile, troppo visibilmente fragile, per vestire i panni della dark lady. In effetti La settima vittima, pur condividendo molti aspetti con i noir, è considerato un horror o quantomeno un film del mistero. Jacqueline non ha infatti la forza di soggiogare nessuno, anzi è lei ad essere soggiogata. Ma soprattutto Gregory, suo marito, fa troppo in fretta ad innamorarsi di sua sorella Mary, certamente meno avvenente di lei. E’ questo comportamento insolito per un uomo, in un film americano degli anni quaranta, che sostanzialmente abbandona la propria donna al suo destino, a lasciare particolarmente sgomenti. 

Già il fatto che debba arrivare la sedicenne Mary preoccupata dalla mancanza di notizie di Jacqueline, non depone troppo a favore di Gregory. Ma poi la rapidità con cui lui dà per persa quella che è la sua donna, sebbene coinvolta nella setta e quindi in preda a forze con cui è difficile battersi, è un altro elemento che lascia più che perplessi. Il finale è certamente cupo, con la ragazza oggetto della ricerca che decide di suicidarsi, assecondando i voleri dei palladisti: ma il pessimismo che ci lascia in eredità è ben maggiore di quello che potrebbe scaturire da un suicidio qualunque. 

In La settima vittima decide di togliersi la vita la donna che avrebbe dovuto essere la più desiderata, quella che in un noir, un film certamente nemmeno troppo dissimile, avrebbe ben altro ruolo che essere accantonata dall’amato e indotta alla morte da altri. Volendo, si potrebbe leggere la sua figura in un altro modo, in un ruolo più tipico dell’horror, per cui Jacqueline è la damigella in pericolo, la vittima del titolo. Ma, anche in questa chiave di lettura, l’eroe, per altro in questo caso piuttosto anonimo, non riesce a salvarla e non dà neanche l’idea di dannarsi troppo nel tentativo. E, quasi per ulteriore sberleffo, l’uomo si consola rapidamente con la sorella, per altro anonima, nel suo essere ancora acerba, quanto lui. Troppo rapidamente: nemmeno attende che la questione finisca, perché i suoi sentimenti appaiono chiari sin da subito. In ogni caso, mentre la moglie sta prendendo la fatale decisione, Gregory confessa il proprio amore a Mary, pur se l’intento dichiarato è quello di tornare da Jacqueline. Un intento in fondo sempre posticipato e che alla fine sarà effettivamente tardivo per salvare la donna. Insomma, La settima vittima è un bel film e se il suo fine, come film dell’orrore, era di spaventare, il modo in cui ci riesce, abbandonando al suo destino chi è in difficoltà, ci lascia non solo spaventati ma anche un po’ mortificati. 


Kim Hunter


Isabel Jewell


Jean Brooks






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