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giovedì 21 gennaio 2021

GLI UOMINI DELLA TERRA SELVAGGIA

728_GLI UOMINI DELLA TERRA SELVAGGIA (The Badlanders). Stati Uniti1958. Regia di Delmer Daves.

Tentativo di aggiornare il western già nel suo periodo più classico, e di farlo riscoprendo le sue radici, Gli uomini della Terra Selvaggia è un film di Delmer Daves che forse non trova il giusto equilibrio tra le ambizioni, la realizzazione e il bilancio finale. Come detto le ambizioni sono notevoli: si tratta del remake di Giungla d’Asfalto, film epocale del 1950. Quello di Huston era un noir e, prendendolo come base di partenza per la sua storia, Daves rinsalda il collegamento tra i due generi che si erano, in un certo senso, passati il testimone ad Hollywood anni prima. Per un certo tipo di cinema, il noir era stato il genere per antonomasia negli anni quaranta e, nel decennio dopo, era stato soppiantato in questa leadership dal western. Con la Seconda Guerra Mondiale erano cambiati tempi e presupposti e il western rispondeva meglio alle nuove esigenze, cionondimeno numerosi erano i punti di contatto tra i due generi, a cominciare dagli artisti di cui proprio Daves poteva essere preso ad esempio. Autore di un paio di folgoranti noir (La casa rossa e La fuga, entrambi del 1947) a partire da L’amante indiana (1950) era divenuto uno dei maestri del western. Nonostante il suo approccio fosse sempre stato all’insegna di una salutare ambiguità (discorso valido anche per gli altri grandi del genere) con gli anni si diffuse il concetto che il western, quello classico di quegli anni cinquanta, fosse piuttosto la celebrazione dell’eroe buono (il cowboy) che fronteggiava i cattivi (indiani e fuorilegge). 

Difficile credere quanto fosse radicata quest’idea nonostante i film di Daves, John Ford, Howard Hawks o Anthony Mann fossero già al tempo moderni e inquadrati in ottica tutt’altro che manichea. E ancora più difficile credere oggi a quanto capita talvolta di leggere e che ancora conferma certe idee obsolete: ma evidentemente i vecchi film non vengono riguardati e ci si affida alla memoria, altrettanto evidentemente fallace. In ogni caso, sul finire degli anni cinquanta, Daves prova a farsi più esplicito (cosa che dopo qualche anno verrà imitata dall’intero genere) e, preso a modello una storia noir, imposta una vicenda tutt’altro che classica

Per farlo si affida ad un cast sulla carta di prim’ordine: Alan Ladd (l’Olandese) è un attore capace di interpretare bene sia i registri western che noir, sebbene non trovi, in questo Gli uomini della Terra Selvaggia una prestazione memorabile; meglio Ernst Borgnine (Mac), attore che garantiva una buona dose di malsana inquietudine sullo schermo. La doppia traccia sentimentale, effettivamente eccessivo il romanticismo della storia, è sorretta dalla sfavillante ma sprecata Claire Kelly (Ada) e dalla sanguigna Katy Jurado (Anita). I personaggi maschili sono due ex detenuti, tanto per chiarire che non ci sono buoni diplomati, in questa storia e questo, unitamente al sentimentalismo che ostacola un po’ la vicenda, ci riporta ai tempi del western romantico, quello che negli anni quaranta vedeva i fuorilegge come Jesse James protagonisti d’avventure ora banditesche ora amorose. Non è però una scelta tanto convincente e, in effetti, il genere seguirà un’altra pista, mutando il western classico in crepuscolare e via via indurendosi semmai sempre di più. E va detto che Gli uomini della Terra Selvaggia, per quanto gradevole (avvincenti e serrate le sequenze del furto nella miniera, pregevoli alcuni passaggi narrativi, come l’intreccio sui cosiddetti furti a vicenda) lascia anche qualche perplessità. Non convince più di tanto la questione della giustizia poetica, una sorta di giustificazione per cui rubare ai ladri non è reato, un equilibrismo morale che fa sembrare il lieto fine un premio quasi inopportuno. 




Claire Kelly




Katy Jurado

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