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venerdì 22 gennaio 2021

COLPO DI MANO A CRETA

729_COLPO DI MANO A CRETA (Ill met by moonlight). Regno Unito1957. Regia di Michael Powell e Emeric Pressburger.

L’ambizioso progetto a cui venne dato il nome di The Archers (Gli Arcieri) imbastito dai cineasti Michael Powell, inglese, e Emeric Pressburger, ungherese, era ben più di una normale compagnia di Produzione cinematografica. I due autori riversarono nelle loro opere una precisa filosofia, un personale approccio, reso tra l’altro esplicito dal noto The Archers Manifesto; non si trattava, quindi, di fare film ma di farli in un certo modo, un modo alla Powell & Pressburger. Ed è con un certo rammarico che si deve ricordare ciò proprio per Colpo di mano a Creta, che dello studio fu l’ultimo atto ufficiale. Un rammarico che non è tanto legato al triste pensiero che il sodalizio si avviasse al tramonto, il vero motivo per cui viene quasi spontaneo ricordare gli intenti d’origine, quelli che spinsero i due cineasti a lasciare consapevolmente un’impronta tanto decisa e profonda nella Storia del Cinema, è un altro. Il rimpianto è che, in quest’ultimo film ufficiale della coppia, sembrano venire a mancare proprio quei presupposti. Cioè, Colpo di mano a Creta è un buon film, divertente, e anche riconoscibile in molti suoi aspetti come un Powell & Pressburger, ma stavolta la magia del duo non funziona granché, e quello che rimane sullo schermo è, nel migliore dei casi, solo una specie di controfigura dei loro vecchi film. Perché se non si conoscesse il valore dell’opera degli arcieri, del loro demitizzare la propaganda di guerra all’interno del genere bellico stesso, allora si potrebbe pensare che in Colpo di mano a Creta gli autori affrontino anche con eccessiva leggerezza i temi dell’occupazione nazista nella seconda guerra mondiale. 

Il generale tedesco Kreipe (Marius Goring) è perfino simpatico, nel suo emulare Pollicino, lasciando le tracce del suo passaggio, oppure quando induce in tentazione il piccolo Niko; e, in ogni caso, è un vero cavaliere d’altri tempi quando ammette la sconfitta e riconosce il valore dei rivali. Non è per niente un discorso sbagliato, in sé, sia chiaro, è anche qui che risiedeva la grandezza di Powell & Pressburger, nel loro affrontare il cinema senza alcun condizionamento fazioso, sia ideologico che commerciale ma, in Colpo di mano a Creta qualcosa non gira più per il verso giusto e trattare un tema serio come la resistenza partigiana cretese all’occupazione nazista come un’allegra rappresentazione paesana lascia un filo perplessi. 

E’ forse una questione di equilibri, magari nemmeno del tutto interni all’opera ma che ne condizionano il funzionamento: nel 1957 i tempi della propaganda sfrenata erano superati e, se si poteva ancora scherzare con la guerra (e le atrocità connesse), bisognava farlo in modo meno ambiguo di quanto non facciano Dick Bogarte (che interpreta il bizzarro maggiore inglese Fermor) e i suoi compagni. Mancava il clima fazioso che legittimasse un’opera di antipropaganda mentre al contempo il terreno non si era già raffreddato abbastanza, per poterci scherzare sopra in piena libertà. E’ un po’ forse questo il limite del film, a cui si riferisce anche Michael Powell, che non lo gradì, quando si lamentava di non essere riuscito a gestire i fatti, la verità, e queste componenti realistiche avevano finito per prevalere sulla poetica tipica degli Archers. Impressioni, sia chiaro, nient’altro che sfumature, perché Colpo di mano a Creta rimane comunque un film divertente.  


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