736_IL NOSTRO AGENTE ALL'AVANA (Our man in Havana). Regno Unito; 1959. Regia di Carol Reed.
L’intenzione di Graham Greene, autore del romanzo alla
base del film Il nostro agente all’Avana, era di prendere in giro
l’assurdità del servizio segreto britannico nel dopoguerra; il clima spensierato
della sua opera letteraria non fu gradito a Fidel Castro, perché non
enfatizzava a dovere gli effetti dell’oppressione della dittatura di Bautista
sulla popolazione cubana. Trovò invece pieno appoggio presso il regista Carol
Reed che, nella sua trasposizione cinematografica, tratteggia un’opera più
divertita che divertente. Reed, regista di buon curriculum, cerca l’alchimia
giusta, cosa obiettivamente non semplice, tra un soggetto strampalato (nel
quale, giusto per fare un esempio, gli schemi costruttivi di un’aspirapolvere
sono spacciati per una nuova potentissima arma bellica) e un’ambientazione che
sembra perfetta per rinverdire il mito dei noir esotici. La pregevole
fotografia in bianco e nero di Alfred Morris, che abbassò le luci delle location
nella capitale cubana per creare la giusta atmosfera, il fascino di trovarsi
sul luogo cruciale in uno dei momenti topici dell’intera Storia dell’Umanità
(non erano passati che pochi mesi dalla Rivoluzione Cubana), sono come
vanificati, almeno in gran parte, dallo stile disimpegnato del film di Reed.
Nonostante le ingerenze del governo Castrista, che voleva un tenore più tragico
della storia che mettesse in evidenza le atrocità della dittatura precedente,
il regista britannico riuscì a mantenere una buona indipendenza artistica,
confezionando una storia scombinata che, purtroppo, non regge completamente.
Bene Alec Guinnes, nei panni di Jim Wormold (il protagonista) e bene anche Burl
Ives (il Dr. Hasselbacher). E sono adeguati, in tono farsesco, Ernie Kovacs (il
terribile capitano Segura) e Noel Coward (Hawtorn), impettito funzionario del
servizio segreto inglese. Ma le due donne della storia sono una mezza frana:
del tutto superflua (e quasi fuorviante ai fini del racconto) la figura di
Milly (Jo Morrow), figlia di Wormold, mentre Maureen O’Hara (è Beatrice, una
sorta di segretaria del servizio segreto britannico) sembra passare di lì per
caso. Il che è un danno non da poco: la O’Hara non era un’attrice semplice da
gestire ma le va riconosciuto un indiscusso carisma scenico. Vederla muoversi
senza costrutto, senza lasciare la minima traccia, dà un po’ la cifra di
quest’opera: certo non brutta, ma sprecata.
Maureen O'Hara
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