272_PAGINE SOMMESSE (Тихие Страницы); Russia, 1994; Regia di Aleksandr Sokurov.
Nonostante in apertura una didascalia ci avverta che si
tratta di un film ‘ispirato alle opere
delle prosa russa del XIX secolo’, il lungometraggio Pagine sommesse di Aleksandr Sokurov passa per una rivisitazione cinematografica
di Delitto e castigo di Fedor
Dostoevskij; si tratta però di una forma di adattamento, se così si può dire,
piuttosto particolare. Non è, infatti, la messa in scena della storia
raccontata nel grande romanzo del formidabile scrittore russo, ma piuttosto una
riproposizione di alcuni aspetti dell’opera dostoievskiana.
Sokurov ci fa provare i rimorsi, il senso di colpa di quello che dovrebbe (o
potrebbe) essere Raskol’nikov, che vaga in una città (Pietroburgo?) in
grandissimo degrado, afflitto da incubi, visioni, accompagnato da un costante
rumore di sottofondo, che sia il chiacchiericcio o lo sciabordare dell’acqua
della Neva che sembra quasi chiamare l’assassino per una veloce espiazione del
peccato. Se non ci fossero le didascalie iniziali, o comunque le notizie a
riguardo dell’opera, sarebbe difficile fruire qualcosa: evidentemente Sokurov
confida nella lungimiranza dei suoi spettatori e sfrutta le informazioni che questi preventivamente ricercano. (Che per
decidere di vedere un film del regista russo è in sostanza una pratica
necessaria.) L’autore non solo salta a piè pari la trasposizione della trama e
della storia, ma rinuncia completamente a questo apparato narrativo, ovvero il
racconto di un qualche avvenimento. Guardiamo
le emozioni di questo assassino, cosa prova, come si sente; questo sembra
dirci Sokurov con il suo film; non un film sulla storia, ma sui sentimenti, sul
dolore, sull’angoscia che una persona che commette un gesto tanto grave probabilmente avverte.
Un’operazione coraggiosa e completamente spiazzante ma
di assoluto fascino, quasi ipnotico, nella messa in scena, negli scarni
dialoghi, nelle ambientazioni da incubo. Forse non un bel film, anzi, non un
bel film, ma certamente un’opera audace. L’aspetto più interessante è che il film non sembra quindi venir più
considerato come un’opera a sé stante, non da Sokurov, almeno; Pagine sommesse sembra aver necessità di
sfruttare le conoscenze che si suppone lo spettatore debba già avere, e,
partendo da quelle, si concentra sulle sole emozioni e riflessioni che la
situazione pregressa (l’omicidio), non mostrata né chiarita, ha determinato. Un
modo certamente alternativo di approcciare alla settima arte. Ma di sicuro impatto.
una dimostrazione di come un film possa davvero aggiungere tanto alla storia di un libro, non solo le voci dei personaggi ;)
RispondiEliminaBeh, lo sguardo di Sokurov è certamente originale e personalissimo.
RispondiElimina