274_47 MORTO CHE PARLA; Italia, 1950; Regia di Ludovico Bragaglia.
Sesto film che vede alla regia Carlo Ludovico Bragaglia e al centro
della scena Totò, questo 47 morto che parla non delude le
attese, sfruttando al meglio le premesse potenzialità. Nel riconoscere i
meriti, la precedenza, in questo caso, va data al regista; non già per
l’importanza in sé, che spetterebbe giustamente al principe della
risata, vera e propria vedette dell’operazione, ma perché la cosa più
lampante del lungometraggio è l’equilibrio generale, e questo è merito di
Bragaglia. Lo spazio di Totò è naturalmente centrale, ma è comunque ben dosato
e il suo ruolo dell’avarissimo barone Antonio Peletti è ben supportato
dall’intero cast che partecipa con sincronia ed integrazione al dipanarsi della
vicenda. La questione ha il suo nucleo semplicemente nel fatto che il padre del
barone ha lasciato un’eredità, una cassetta di Luigi d’oro, da
condividere anche con il comune; il Peletti invece vuole tenersela per sé. Al
fine di veder trionfare la legalità e la giustizia sociale (i soldi
dell’eredità destinata al comune servono per costruire una scuola comunale), i
cittadini più influenti (il sindaco, il dottore, il farmacista, e così via)
organizzano una sorta di scherzo, che induca il Peletti a rivelare il
nascondiglio della cassetta. Tutto ciò serve a giustificare una serie di
scenette gustose e bizzarre, ad esempio quella dell’aldilà ambientata nei campi
vulcanici, che il filo conduttore di una trama efficace e professionale si
occupa di legare in modo sufficientemente coerente.
Il lavoro degli sceneggiatori è quindi
anch’esso di buon livello, visto che nell’intreccio principale sono ulteriormente
inserite alcune sottotrame: il Barone ha un figlio, Gastone, con il quale
condivide l’amore per la dolce Rosetta e un’altra tresca amorosa è quella che
vede al centro della scena l’esuberante Marion Bonbon (una straripante Silvana
Pampanini). Il tutto si svilupperà in modo abilmente congeniato, risolvendosi
poi per il meglio nel rassicurante finale, dove anche l’avaro Barone ha un
minimo di ravvedimento.
Divertenti come consueto le battute di Totò e le sue tipiche
scenette, come ad esempio quella col macellaio; bellissima la Pampanini.
Silvana Pampanini
Totò nell'aldilà ci va pure vestito da Dante :-D
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