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venerdì 14 dicembre 2018

LA SCANDALOSA VITA DI BETTIE PAGE

262_LA SCANDALOSA VITA DI BETTIE PAGE (Notorius Bettie Page)Stati Uniti, 2005;  Regia di Mary Harron.

Un film su un personaggio come Bettie Page, molto noto a livello iconografico ma molto meno conosciuto nello specifico della sua attività artistica, è da salutare sicuramente con gaudio. Bettie Page fu una modella, per la precisione era nota come la regina delle pin-up, di quel genere fetish che ebbe il suo momento di gloria negli anni ’50 americani. Il fetish e tutte le sue componenti, dal bdsm al bondage, ebbero, al contrario di quanto fu creduto dalle commissioni inquisitorie, un effetto salutare sulla bigotta società americana del tempo; la corrente permise, nonostante tutti i divieti e le difficoltà, di dare un minimo sfogo a quelle inclinazioni che non erano perversioni malate ma che, al contrario, proprio potevano diventarlo all’interno di società che le opprimesse. Bettie Page fu la quintessenza dello spirito fetish, uno spirito che, al di là delle apparenze, delle ambientazioni cupe e minacciose, era, ed è, più che altro gioioso e divertito. La regista Mary Harron sceglie Gretchen Mol per il ruolo di Bettie e, tutto sommato, l’attrice statunitense se la cava egregiamente, sia nel look che nel carattere allegro e vagamente ingenuo della modella. Altre opzioni registiche della Harron lasciano perplessi, almeno in principio: la scelta di un bianco e nero molto enfatizzato, in un primo momento convince poco; ma poi, visti anche gli inserti coloratissimi, ovvero i passaggi che ripropongono le copertine delle riviste durante il normale flusso delle immagini, si cambia parzialmente opinione. In fondo si tratta di effetti visivi un po’ fuori dall’ordinario ma che, nell’insieme, rendono bene il gusto del tempo, degli anni 50 e della nascente cultura fetish
Nel complesso il film rimane un po’ in mezzo al guado, anche se onestamente non era facile fare diversamente: se la vita di Bettie Page fosse stata vista da un fan o da un cultore del genere, ci sarebbe stata certo più attenzione a quegli aspetti peculiari del genere stesso, ma si sarebbe quasi sicuramente finiti in un prodotto che sarebbe stato feticista, più che la storia di una modella fetish. E parlando di un mito, seppure di nicchia, come Bettie Page, il rischio agiografia era davvero dietro l’angolo. Prendendone un po’ le distanze, come in fondo fa giustamente la Harron, il fenomeno Bettie Page finisce per sgonfiarsi, in quanto in sé non è che avesse molto da offrire; forse il fenomeno fetish andava trattato con maggiore riguardo, mentre la regista le butta solo uno sguardo paternamente divertito, che finisce per svilire uno dei movimenti culturali più interessanti del secolo. Insomma, la Harron prova a rimanere in bilico senza scivolare né da una parte né dall’altra, e tutto sommato riesce a fornire un discreto omaggio all’adorabile Bettie Page, la regina delle Pin Up. Per questo si può dire che sia un’opera-tributo sicuramente apprezzabile; peccato manchi completamente la forza più interessante che poteva attraversarla.  


Gretchen Mol









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