275_DEMONI ; Italia, 1985; Regia di Lamberto Bava.
Dèmoni di Lamberto
Bava è un film davvero curioso. L’idea di base è certamente molto valida, forse addirittura geniale e, soprattutto, permette al regista di mettere in scena, in
sostanza, la metafora implicita nel cinema horror degli eighties. Al tempo, a fronte di una società a dir poco patinata, il
cinema dell’orrore provava a portare
alla luce le magagne sociali che ancora erano presenti nella società stessa e
che, per il (presunto) buon gusto
imperante all’epoca, si cercava di tenere nascoste. Un film come Nightmare - Dal profondo della notte
(1984) di Wes Craven, non a caso un horror,
può essere inteso come manifesto del decennio. L’opera di Bava coglie la
metafora e compie in modo esplicito il travaso,
portando gli incubi dallo schermo (letteralmente) sugli spettatori: d’altra
parte, che si tratta di metacinema
(il cinema che parla di cinema) è anch’esso esplicito, essendo il film
ambientato in una sala cinematografica durante la proiezione di un film dell’orrore.
Il concetto che se ne ricava è: l’orrore mostrato nei film horror non era qualcosa di estraneo, alieno, alla società, ma era piuttosto intrinseco ad essa; e lì Bava ce lo faceva tornare. Si sa che tenere a
lungo la polvere sotto il tappeto o lo scheletro nell’armadio, non è mai
salutare. E fin qui, tutto bene. Da un punto di vista più prosaico, cinematograficamente parlando, anche il ritmo della
pellicola è notevole, martellante, coinvolgente; l’atmosfera è claustrofobica ed efficace, così come alcune immagini, in particolare quelle coi giochi dei fasci di luce (sempre in tema di cinema che filma il cinema), hanno una loro nota di colore.
Ma non si può evitare di affrontare l’argomento della messa
in pratica di tutto quanto questo, e qui cominciano le note dolenti. Fotografia
sciatta, meno che televisiva, e uno dei cast più terribili di tutti i tempi.
Difficilissimo cavarci uno sguardo, men che mai una battuta, che possano anche
solo essere degni di nota; forse giusto Nicoletta Elmi, cresciuta (piuttosto
bene) dai tempi in cui recitò, ancora bambina, in molti horror dei primi anni ’70.
Cercando di essere magnanimi si può sorvolare sulla scadente fotografia; e, volendo, si può intendere l'atmosfera generale, visivamente posticcia e fortemente indebitata coi videoclip
musicali del tempo, come pittoresca:
puro kitsch anni ’80.
Però il livello di recitazione è davvero troppo scadente e finisce inevitabilmente per vanificare gran parte della potenzialità complessiva dell'opera.Natasha Hovey
Elisabetta Elmi
uno dei primi film portati a casa da mio padre quella volta che ha voluto farci come regalo di Natale il lettore DVD :)
RispondiEliminaIo lo vidi al cinema ;)
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