278_I MAGNIFICI SETTE (Magnificent Seven); Stati Uniti, 1960; Regia di John Sturges.
Una didascalia, durante i titoli di testa di I Magnifici Sette di John Sturges, ci
avverte che l'opera è tratta da un film giapponese, I sette Samurai di Akira Kurosawa. La matrice così atipica per un western è, forse, importate da tenere a
mente, perché quello di Sturges è un film innovativo per il genere. Certo, le
sontuosissime e favolose musiche di Elmer Bernstein, soprattutto nel trainante motivo
principale, permettono all'opera di ascriversi praticamente d’ufficio al titolo
di classico del genere western. Nel cinema,
ma soprattutto nel western,
spessissimo, se non praticamente sempre, la colonna sonora è un fattore
decisivo; e qui siamo di fronte ad un motivo sonoro che rimarrà nella Storia del Cinema. Il gruppo di eroi, i magnifci sette del titolo, sono però una
formazione troppo atipica, per il genere e, quindi, diventa difficile ritenere quello di Sturges un classico a tutto tondo. I personaggi
protagonisti sono tanti e tutti caratterizzati in modo assai efficace; ma, in
modo inaspettato nei confronti della tradizione cinematografica, manca l'Eroe Americano; il John Wayne della
situazione, per intenderci. Yul Brynner è senza dubbio il personaggio
principale: ma più che un eroe pare una figura simbolica. Tutto vestito di
nero, idealista fin che si vuole, (si veda la scena iniziale del funerale oltre
che la sua difesa a basso costo dei
contadini), ma con troppo poco carisma, almeno quello classico, inteso in senso hollywoodiano insomma.
Al suo fianco, un pur svogliato Steve McQueen, gli ruba la scena quando vuole e
senza eccessivo sforzo. Nel finale, entrambi sopravvivono allo scontro: Chris,
(Brynner) ne esce illeso, Vin (McQueen), invece, rimedia una ferita.
Eppure il
primo, che a suo modo poteva ambire a rappresentare l'eroe principale, rimane con un rammarico maggiore, pienamente consapevole della sconfitta.
Non è più il tempo degli eroi, sembra dirci Sturges: infatti il suo tipico eroe del West veste a lutto e fa il
becchino. L'altro, McQueen, è ugualmente sconfitto, (anche peggio, visto la ferita
rimediata), ma se ne cura meno, dal momento che è già abituato a perdere, come
si vede ad inizio film col gioco d'azzardo. E' quindi un personaggio molto più
interessante, più moderno. E dire che Steve McQueen compare addirittura per
terzo nei titoli di testa, preceduto oltre che da Brynner anche dall'ottimo Eli
Wallach, che interpreta il cattivo; ma è sicuramente suo il personaggio più
carismatico della pellicola.
Non c'è storia nemmeno con Colorado/Chico (Horst
Buchholz) che, a rigor di trama, potrebbe essere inteso come il vincitore morale del film: da contadino si fa pistolero ma poi, grazie all'amore di una ragazza messicana, torna contadino.
Bella parabola, che pare però essere messa bene in evidenza da Sturgers per
mettersi a posto la coscienza: in realtà quello che si ricorda di questo film, (oltre
alla musica, ovviamente), sono le battute spassose, i movimenti, gli
atteggiamenti, oltre alla filosofia un po' qualunquista di Vin/McQueen, il
nuovo anti-eroe americano. Che non fa
rimpiangere nemmeno John Wayne.
credo che questo film a sua volta sia stato di ispirazione per il n.100 di Tex...
RispondiEliminainsomma, tira aria nuova per la figura dell'eroe sin dall'inizio dei '60, non c'è bisogno di aspettare i film di Leone ;)
Beh, John Sturges era un califfo e certi temi li conosceva bene.
RispondiElimina