1147_RACCONTI FANTASTICI: LIGEIA FOREVER .Italia 1979; Regia di Daniele D'Anza.
Nonostante formalmente sia ispirata ai racconti di Edgar Allan Poe, la miniserie Racconti Fantastici già al secondo episodio si concede una sostanziale digressione. Il tema portante di Ligeia forever, infatti, ricorda maggiormente il testo Rebecca – La prima moglie, sia che lo si intenda come romanzo di Daphne du Maurier o, forse più opportunamente, come pellicola di Alfred Hitchcock. In effetti Victoria Zinny nei panni della governante ha più di qualcosa che ricorda anche nei modi la Judith Anderson del film di Hitchcock. Peraltro, anche con il tema dell’avvelenamento famigliare si rimane nel terreno frequentato dal geniale cineasta inglese, basti pensare a Il sospetto. E poi, anche un altro tema proposto del film lascia intendere che il maggior riferimento di questo Ligeia forever sia cinematografico: la donna chiamata Ligeia (una meravigliosa Dagmar Lassander) è una star del cinema muto alle prese con il suo primo film sonoro – che si rivelerà essere un fiasco. La cosa ha un fondamento storico: furono numerosi gli interpreti che non ressero l’arrivo del sonoro nel cinema e i problemi riguardarono anche una delle dive dell’epoca, Greta Garbo. La carriera della Garbo non fu certo stroncata dalla fine del cinema muto ma è un dato di fatto che la MGM attese quattro anni prima di rischiare di bruciare la diva in un film sonoro, forse per via del suo accento svedese. Tra l’altro il riferimento alla Garbo, evidente nei manifesti cinematografici che nel film ritraggono Ligeia, sembra davvero esplicito.
Tornando al tema centrale del racconto filmico, Ligeia è la prima moglie, quella che muore ma rimane aleggiante sulla dimora. La casa è quella degli Usher vista nel primo film della serie, ma la storia è tutta un enorme flashback in cui Roderick Usher (Philippe Leroy) rivive le gesta del padre Robert (Umberto Orsini) alle prese con le sue donne. Dopo il suicidio di Ligeia, l’uomo si sposa con Morella (Silvia Dionisio) ma quando la porterà nella sua residenza cominceranno i prevedibili problemi, con la governante, la casa stessa e con lo spirito inquieto della prima moglie. Come si può facilmente notare i nomi delle due donne sono presi da racconti di Poe, mentre altri elementi peculiari dei racconti dello scrittore americano vengono utilizzati ai fini del canovaccio preparato da D’Anza e Biagio Proietti, coautori della sceneggiatura. Nel pozzo, che fa coppia con l’inconfondibile pendolo che si vede incombere più volte, Robert prova a gettare la chiave dell’ala della residenza dedicata a Ligeia, sebbene la chiave stessa ritorni poi magicamente al suo posto. Nel finale ci prova Roderick: non ne abbiamo la certezza, ma il dubbio che sia stato anche questo un tentativo infruttuoso rimane evidente. L’idea di spostare l’ambientazione del racconto ai ruggenti anni Venti del XX secolo è intrigante, Orsini regge alla grande, bene anche la Dioniso ma è soprattutto Dagmar Lassander a sbaragliare il campo: la sua interpretazione della grande diva è credibilissima e gronda puro glamour d’epoca. Insomma, un altro bel film televisivo Rai, confezionato per bene anche grazie alle scenografie di Elena Poccetto Ricci e alle musiche dei Pooh. Forse meno riuscito del capitolo d’esordio, ma comunque molto positivo.
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