1131_TEKNOLUST . Stati Uniti, Regno Unito, Germania 2002; Regia di Lynn Hershman Leeson.
La presenza non di una ma addirittura quattro Tilda Swinton è uno dei
possibili motivi che spingono ad avvicinarsi a Teknolust, sperimentale
film fantascientifico di inizio terzo millennio. Il lungometraggio è
spiazzante, vuoi per certi contenuti erotici espliciti, vuoi per la confezione formale
di livello quasi amatoriale, nella quale la Swinton peraltro sembra sguazzare
come un pesce nell’acqua. La magnetica attrice britannica interpreta Rosetta
Stone, una scienziata al lavoro sul DNA, e le sue tre repliche da laboratorio,
Marine, Olive e Ruby. Quest’ultima la più indipendente, intraprendente e,
soprattutto, sexy: nel complesso più che una sfaccettatura di Rosetta, la sua
più spiccata personalità, tanto da essere scelta come protagonista di Agent
Ruby, sorta di spin-off al di fuori dell’ambito cinematografico. Questo
sebbene il personaggio-madre è naturalmente colei che porta il nome della Stele
di Rosetta: la scienziata è la classica studiosa ligia al dovere nonostante non
le siano professionalmente riconosciuti i meriti, mentre i tre cloni ne
dovrebbero interpretare in modo diverso la personalità, un po’ come i frammenti
della famosa pietra facevano con il decreto tolemaico riportandolo
ognuno in un’antica grafia diversa. Il rimando alla Stele di Rosetta
sembrerebbe significare che non è tanto importante il testo in sé quanto il
fatto che una personalità possa esprimersi in modi completamente diversi, un
po’ come nell’esempio il decreto tolemaico è trascritto coi geroglifici, in
demotico e in greco antico. E forse proprio il confronto tra queste diverse
interpretazioni permette la piena comprensione: e qui è inevitabile fare
riferimento alla regista Lynn Hershman Leeson e al suo studio sugli avatar. Il
suo esperimento con l’alter-ego Roberta Breitmore risale agli anni Settanta,
quando la polivalente artista impersonò Roberta nella vita reale e ingaggiò
altre tre ‘Robertas’ in una situazione che pare poi in parte ripresa dal film Teknolust.
Ma l’universo della Leeson è troppo articolato e, per quanto pregno di aspetti
interessanti, un film che ne è unicamente una scheggia ma che ne incarna allo
stesso tempo molti significati, può affascinare ma restare anche poco
intellegibile sebbene l’approccio leggero dell’opera sia non poco di
aiuto almeno alla sua fruizione. In questo senso perfetta la scelta della
Swinton per le quattro facce della protagonista: con il suo glamour
astratto e consapevolmente ironico Tilda è certamente un valore aggiunto al
film, senza peraltro deviarne lo spirito. Noblesse oblige.
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