1124_GLORIA (What price Glory?). Stati Uniti 1926; Regia di Raoul Walsh.
Al polivalente cineasta Raoul Walsh non è, in genere, riconosciuta la patente di grande regista: in effetti va preso atto che il numero dei suoi lavori di altissima qualità, in questo campo, è in proporzione abbastanza basso rispetto alla mole di pellicole girate. Il fatto è che abitualmente Walsh non si poneva obiettivi registici troppo ricercati; contrariamente a molti suoi colleghi della Hollywood dell’epoca, era americano al cento per cento e come tale aveva una sana e robusta vena pratica preponderante su quella, diciamo così, artistica. Insomma, era un regista che badava al sodo. Ma conosceva il cinema, il cinema americano, in modo completo. La riprova di ciò l’abbiamo, per fare un evidente esempio, in Gloria, film muto del 1926. What Price Glory?, questo il titolo originale, non può certo definirsi un capolavoro, questo sia chiaro sin dal principio, ma è sorprendete come da un soggetto (tratta dall’omonimo dramma teatrale di M. Anderson e L. Stallings) non esaltante, Walsh riesca a cavarci un film muto di due ore che forse solo nell’ultima parte mostra un po’ la corda. Si faccia un paragone con il claudicante remake Uomini alla Ventura, del 1956, con l’ausilio di colori e sonoro, per la regia nientemeno che del sommo maestro John Ford, per farsi un’idea. La vicenda è impostata sulla rivalità tra il capitano Flagg (un fulgido Victor McLaglen) e il sergente Quirt (Edmund Lowe): la funzionalità del duo è tale che questi personaggi verranno reclutati insieme per altri tre film.
La competizione tra loro non è tesa alla leadership sulla truppa, laddove Flagg spazza letteralmente via chiunque; la disputa è in campo amoroso. Dapprima fanno le prove con Sanghai Mabel a cui una deliziosa Phyllis Haver, un po’ sprecata visto il poco tempo datole a disposizione, presta le grazie. Ma il campo di battaglia principale sarà per la conquista della vera protagonista del film, Charmaine, a cui non a caso è dedicata una canzone uscita insieme film. La locandiera francese è interpretata da una pimpante e splendida Dolores Del Rio, attrice messicana in rampa di lancio e che diverrà un’autentica diva. Con questi, tutto sommato, scarni elementi Walsh riesce a portare avanti il suo film, tra una gag umoristica, da film comico quelle di McLaglen e la scimmietta di Sanghai Mabel, e qualche passaggio stuzzicante, con le due attrici non ancora castigate dal codice Hays.
Il passaggio triste è per la morte del soldato cocco di mamma Lewisohn (Barry Norton), un ragazzo ancora giovanissimo e assolutamente impreparato agli orrori della guerra. Come, del resto, molti altri del battaglione di marines americani chiamato a dare man forte agli alleati in difficoltà contro i temibili tedeschi. Nella definizione delle personalità dei vari militari Walsh segna un altro punto a suo favore: Lipinsky (Sammy Cohen) e Kiper (Ted MacNamara) si producono in una serie di gustose scenette e, insieme al citato cocco di mamma, ci permettono di familiarizzare con la truppa. Quest’ultimo soldato, in particolare, con la sua inadeguatezza mette in luce l’umanità del capitano Flagg, in apparenza un tipaccio da prendere con le molle, ma in realtà uomo di coscienza e buon cuore. Come suo solito Walsh non rallenta praticamente mai il ritmo e prima della fine c’è tempo per una licenza premio per il nostro capitano, cosa che permette a Quirt di soppiantarlo nel cuore di Charmaine, un ritorno in prima linea, finché si arriva alla partita a carte decisiva. Quella che, secondo i Flagg e Quirt, doveva stabilire chi avesse vinto la bella locandiera francese come premio. Non rendendosi conto, i due ingenui, che era Charmaine ad aver già deciso le sorti del match. Ed è a fronte di questa scoperta che i due ritornano di corsa subito in prima linea: come dire, la guerra è brutta, ma occhio alla vita di casa se vi capita una peste affascinante e decisa come Dolores Del Rio.
Dolores Del Rio
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