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venerdì 29 settembre 2023

MOONZUND

1364_MOONZUND (Моонзунд). Unione Sovietica, 1987; Regia di Aleksandr Muratov.

Dei suoi 142 minuti la battaglia di Moonsund, a cui fa riferimento il titolo del film Moonzund, non occupa che la parte finale. Nel 1917, durante la Prima Guerra Mondiale, i tedeschi sferrano un deciso attacco nelle isole del baltico estoni riuscendo nell’impresa di conquistare l’arcipelago di Moonsund. A difesa della postazione è chiamato il capitano Arten’ev (Oleg Menshikov), visto nel corso del lungometraggio al comando della Novik, una nave da guerra russa, sconfiggere i tedeschi in mare aperto. Più in difficoltà, paradossalmente, l’ufficiale lo era stato coi propri sottoposti. Ad indebolire infatti le forze russe più che il nemico erano stati i moti rivoluzionari interni che, in un ambito disciplinato in modo ferreo come quello della marina militare, risultavano ancora più eclatanti del solito. Il film di Aleksandr Muratov la prende così alla larga, probabilmente per mostrare come la crescente insubordinazione dei marinai bolscevichi avesse minato l’efficienza della marina russa. Non a caso, a contendere maggiormente la scena al protagonista, il capitano Arten’ev non è Anna/Klara (Lydmila Nilskaya) ma il marinaio bolscevico Semenchuk (Vladimir Gostyukhin). Anna, o Klara (la donna ha due nomi essendo una spia e avendo un ruolo duplice) imbastisce con Arten’ev una storia d’amore che non si incendia mai, visto che i rispettivi ruoli impediscono qualsiasi sviluppo in tal senso. La presenza della donna è quindi un elemento di contorno, quasi a dare un po’ di consistenza ad una trama altrimenti troppo povera; ma non è uno stratagemma funzionale, anche per la scarsa avvenenza sentimentale dei due personaggi. Ben altra pasta è quella di Semenchuk che, pur se convinto delle sue idee rivoluzionarie, manterrà coerentemente fedeltà al suo ruolo militare e al suo capitano. 

Arten’ev sembra assai meno convincente, dal punto di vista della propria integrità morale; più che altro gli si riconosce un’asettica adesione alla disciplina militare. In una situazione particolarmente controversa, i russi sono in guerra contro i tedeschi ma sono appunto corrosi internamente dalle idee rivoluzionarie, si ostina ad ignorare ogni aspetto politico della vicenda. Il finale, col suo tentativo di restare insieme agli uomini del suo equipaggio è sorprendente: i tedeschi, che li hanno appena catturati, non hanno infatti alcuna buona intenzione verso i marinai russi bolscevichi. Stanno per fucilarli senza troppi riguardi. Ben diverso l’approccio nei confronti di un valoroso ufficiale benché nemico; l’atteggiamento di Arten’ev, solidale verso i suoi sottoposti, sorprende anche loro. Semenchuk cerca di allontanarlo: in fondo il capitano effettivamente non è bolscevico e forse il marinaio gli riconosce un certo senso dell’onore e cerca di evitargli la fucilazione. Arten’ev gli rinfaccia di non averlo mai capito ma il dubbio che Semenchuk cerchi di salvare la vita al suo superiore che si è dimostrato degno di stima, nonostante le idee diverse, rimane. Ma i tedeschi non colgono queste sfumature: se hanno deciso che il capitano non verrà fucilato, non saranno queste schermaglie a fargli cambiare idea. Nel volto di Arten’ev che si volta verso i propri compatrioti appena fucilati, lo sguardo di chi riconosce la contraddizione degli eventi: i bolscevichi, contrari alla guerra, erano morti per la patria; lui, fedele servitore dello Zar, era stato risparmiato dai nemici. 





Lyudmila Nilskaya


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