1339_THE SECRET GAME . Stati Uniti, 1917; Regia di William C. DeMille.
Fratello maggiore dell’assai più noto Cecil B. DeMille, William C. deMille, pur non raggiungendo mai nella carriera le vette artistiche del fratello, era un autore interessante e di solida scuola teatrale. The secret game è un film di spionaggio di guerra e uscì nel 1917 quando il conflitto a cui si riferisce, la Grande Guerra, era ancora in corso. Ciononostante il racconto è nel complesso scevro da mera propaganda, sebbene sia visto, anche del tutto comprensibilmente, in ottica pienamente americana. I tempi del sonoro erano ancora lontani e The secret game è ovviamente un film muto il che, per un film di spionaggio, potrebbe complicare un po’ le cose, visto che il genere è abitualmente percorso da numerose trame e contro-trame che devono seguire gli intrighi degli agenti segreti. E, in effetti, il film fatica un po’, all’inizio, ad essere credibile, almeno ai nostri giorni; tuttavia deMille aveva un particolare feeling con il cinema muto e, alla lunga, riesce a creare le condizioni per un finale concitato e appassionante. Siamo negli Stati Uniti e il Maggiore Northfield (Jack Holt) si occupa di una spedizione americana verso la Russia attraverso il Pacifico, nel tentativo di sfuggire alla pirateria sottomarina tedesca che impazzava nell’Atlantico. La Germania aveva però un efficace spionaggio operativo già sul suolo americano: l’impiegata del maggiore, Kitty Little (una dolce Florence Vidor) è una spia tedesca agli ordini del suo superiore, il dottor Smith (Charles Ogle), anch’esso un agente segreto. Il controspionaggio giapponese, fedele alleato degli americani, sospetta però qualcosa e invia Nara-Nara (Sessue Hayakawa) a controllare il maggiore Northfield, dal cui ufficio pare ci sia una fuoriuscita di informazioni riservate. L’ufficiale americano è ovviamente innocente e, casomai, può essere accusato di fidarsi troppo della sua segretaria, anche perché ha un evidente debole per lei.
Nara-Nara riesce a smascherare il gioco di spie dei tedeschi ma, nel far questo, si invaghisce anch’egli della bella Kitty Little. Da sempre il genere spionistico ha sfruttato la componente sentimentale per infiammare le sue gelide storie ma in questo caso la disputa tra Nara-Nara e Northfield per i favori della deliziosa spia nemica non si scaldano più di tanto. E’ però la gelosia che spinge il maggiore a curiosare nell’ufficio di importazioni giapponesi, copertura per l’attività dell’agente segreto nipponico, e di scoprire così, in un colpo solo, che il suo rivale è ben altro di un semplice uomo d’affari e la sua segretaria è invece una spia. Un passaggio narrativo notevole a cui non servono dialoghi e che certifica l’abilità di deMille nel far a meno della pista sonora. Tuttavia il meglio deve ancora arrivare ed è giustamente riservato per il finale: Nara-Nara smaschera il dottor Smith e lo uccide ma poi, quando si trova a tu per tu con Kitty, le offre di non denunciarla se lo seguirà in Giappone.
La ragazza fa resistenza, essendo innamorata di Northfield, e l’agente segreto giapponese perde il controllo arrivando quasi ad un vivace corpo a corpo con la poveretta. La giovane non cede e Nara-Nara ricorre ad un subdolo ricatto: se Kitty non accetta, non avviserà il maggiore del pericolo che si appresta a correre. Northfield ha infatti ormai scoperto il gioco spionistico nemico ed è in procinto di recarsi alla casa del dottor Smith per avere il confronto finale, non sospettando che l’agente segreto tedesco giace morto nel suo studio. E, soprattutto, non potendo sapere che in agguato c’è il suo assistente (Raymond Hatton), in attesa di chiudere la bocca eternamente a chi ha ucciso il dottore, nel tentativo di non far scoprire del tutto la loro missione. Nara-Nara lo ha però visto acquattarsi e quindi è consapevole del rischio per chi entri nello studio e quindi la vita di Northfield dipende, stando al ricatto della spia nipponica, dalla disponibilità di Kitty a convolare con lui verso il paese del Sol Levante. Un ricatto spregevole, da parte dell’uomo, che la ragazza è lesta (è pur sempre un agente segreto) a rinfacciargli. Per intimorirla, Nara-Nara l’aveva accusata di aver tradito il suo paese (Kitty viveva in America) ma, in fin dei conti, lo stesso giapponese non si stava dimostrando molto migliore di lei.
E’ il colpo di scena che risolve il finale, e sorprende perché si tratta di un moto interiore, uno scossone morale che scuote profondamente Nara-Nara. Ricapitolando, visto che la situazione è particolarmente articolata: nella casa del dottor Smith, Nara-Nara cerca di persuadere Kitty ad accettare le sue avances, prima dell’arrivo di Northfield. Il maggiore, infatti, ha ormai scoperto tutto, ma il giapponese ha in serbo una scusa opportuna per salvare eventualmente la ragazza. Intanto l’assistente del dottore è in agguato pronto a vendicare il suo superiore e potrebbe spacciare l’ufficiale americano, se questi non viene allertato. Le parole di Kitty a Nara-Nara, le accuse di tradire a sua volta il suo paese per un interesse personale, colpiscono nel segno: l’agente segreto giapponese decide di lasciarsi volontariamente uccidere dall’assistente del dottor Smith, una sorta di harakiri per espiare il vergognoso comportamento. L’intervento delle forze dell’ordine americane avviene con un opportuno ritardo (dal punto di vista narrativo), lasciando che si compia il tragico destino di Nara-Nara prima che l’agente segreto sopravvissuto venga catturato. Il lieto fine passa infine da alcune lettere che lasciano intendere come Kitty fosse ricattata e il suo atteggiamento mortificato, oltre alla premura che manifesta per la salute di Miss Loring (Mayme Kelso), tenuta in ostaggio dal dottore, certificano la sua piena redenzione. Con piena soddisfazione per Northfield, per la spedizione americana e per il pubblico.
Florence Vidor
Mayme Kelso
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