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sabato 30 settembre 2023

LA SPIA IN NERO

1365_LA SPIA IN NERO (The Spy in Black). Regno Unito, 1939; Regia di Michael Powell.

Prima collaborazione tra Michael Powell e Emeric Pressburger (qui nelle vesti di sceneggiatore) La Spia in Nero è un film di spionaggio bellico. È ambientato nelle isole Orcadi durante la Grande Guerra, presso la baia di Scapa Flow, dove la marina britannica tenne la sua flotta sia nel primo che nel secondo conflitto mondiale. L’obiettivo dei tedeschi nel film è cercare di intrufolarsi nella baia per creare più danni possibile; a questo proposito si presentano in zona con un sommergibile. Attraverso una rete di spie hanno infatti imbastito un piano per sorprendere i britannici proprio nella loro tana. A sorpresa, essendo il film inglese, ma nel contempo a testimonianza dell’apertura mentale degli autori, il protagonista che si presenta a noi è quindi un tedesco: il capitano Hardt, interpretato dal glaciale Conrad Veidt. In questo senso va inoltre considerato che si era alle soglie del secondo conflitto mondiale; il film uscirà nelle sale inglesi nella seconda metà del 1939 proprio quanto Hitler invadeva la Polonia. Certo, nel corso del lungometraggio saltano fuori i veri buoni della storia, ovvero la presunta Fräulein Tiel (Valerie Hobson), che dovrebbe essere una spia tedesca e lavora invece nel controspionaggio inglese, e il comandante Ashington (Sebastian Shaw) che dovrebbe essere un ufficiale degradato per demeriti (ubriachezza in servizio) e invece è attivamente in forza anch’esso ai servizi segreti britannici. Sembrerebbe principalmente di natura narrativa, quindi, la scelta di Powell e Pressburger di impostare la vicenda dal punto di vista del capitano tedesco. In questo modo, infatti, lo spettatore si trova nella condizione del capitano Hardt e viene ingannato dalle manovre orchestrate dallo spionaggio inglese; il colpo di scena che ribalta le aspettative che erano maturate fin lì soddisfa sia le esigenze spettacolari che quelle patriottiche, riportando la prospettiva del film pienamente dalla parte britannica. È quindi un modo davvero coraggioso e ben studiato l’approccio a La Spia in Nero, oltretutto congeniale al tema spionistico dell’opera. Il film infatti, parte con il punto di vista tedesco, e lo spettatore trepida perché Hardt riesca nell’impresa; poi il suo atteggiamento con Fräulein Tiel ce lo rende meno simpatico; nel successivo ribaltamento ci si scopre, ovviamente, schierati dalla parte degli inglesi nella caccia marina del finale. 

Tutto questo avviene semplicemente in base al narrato e in modo indipendente dalle parti in causa: inizialmente l’insistenza di Ashington è vista come un intralcio all’operazione orchestrata dai tedeschi e la cosa, in modo naturale, tende ad infastidire lo spettatore, una sensazione che verrà cancellata prevalentemente quando l’abilità narrativa degli autori ci sposta la visuale. Nonostante questo c’è una rappresentazione attenta delle parti in conflitto: gli inglesi, quando vengono poi mostrati, sono tendenzialmente visti in luce completamente positiva. Diverso l’approccio ai tedeschi: inizialmente proviamo una solida empatia narrativa, in quanto lo spettatore deve schierarsi con loro per la riuscita del gioco spionistico della vicenda. Un favore che viene meno mano a mano che emerge la natura gelida e spietata di Hardt, a cui però è concesso un singolare senso dell’onore: scopriamo, infatti, che è disgustato dalla fredda uccisione che pensa abbia subito la maestrina di cui Fräulein Tiel avrebbe dovuto prendere il posto, mentre ritiene legittimi, almeno in tempo di guerra, gli affondamenti vigliacchi opera del suo sommergibile. Un altro aspetto di questa sua singolare attitudine è la scelta di restare sull’isola delle Orcadi con la divisa da ufficiale tedesco e non con gli abiti borghesi, marcando la sua differenza rispetto ad una volgare spia. 

È quindi un individuo freddo e determinato, ma anche un militare convinto di agire in fede ad un determinato codice e non un pazzo sanguinario. Ai passeggeri del traghetto che ha sequestrato intima di fare assoluto silenzio, pena la morte, escludendo però esplicitamente dalla minaccia il neonato (che infatti comincia a piangere rumorosamente). Insomma, anche la spia inglese che veste i panni di Fräulein Tiel alla fine se ne accorge: c’è qualcosa di affascinante, nel comandante Hardt. Ma non avrà nemmeno la possibilità di farsi venire qualche rimpianto per aver respinto le sue avances: ironicamente, il sommergibile avvista il traghetto ora sotto la guida di Hardt e l’affonda. Gli autori non mancano di sottolineare l’assurdità della guerra, chiudendo la vicenda con i tedeschi che affondano proprio il loro capitano. Di contro, va detto che nel film ci sono anche degli interessanti passaggi che sottolineano l’efficienza militare della marina britannica, ad esempio nelle scene dello sgancio di bombe di profondità per danneggiare l’U Boat tedesco. Il traghetto intanto è spacciato, per fortuna ci sono scialuppe per tutti, ma il capitano tedesco non è il tipo da abbandonare la nave, nemmeno quando non è la sua. E se questo può sembrare difficile da comprendere, è forse qui che è posto l’accento del film, sul problema alla base di tutte le guerre. La difficoltà a comprendersi: Powell e Pressburger ammettono di non riuscirci, mettendo in scena un nemico di difficile decifrazione; ma perlomeno hanno cominciato a rispettarlo. Che, nel 1939, non era cosa proprio così scontata.




Valerie Hobson 




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