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giovedì 22 aprile 2021

LA STRADA SCARLATTA

801_LA STRADA SCARLATTA (Scarlet Street). Stati Uniti1945. Regia di Fritz Lang.

L’anno successivo a La donna del ritratto, Fritz Lang riunisce ancora Edward G. Robinson, Joan Bennett e Dan Duryea per un nuovo capolavoro, La strada scarlatta. Stavolta Lang abbandona la vena ironica che aveva a tratti accompagnato il precedente lavoro per un approccio più cinico: il povero Christopher Cross, il personaggio interpretato da Robinson, si trova coinvolto in una situazione drammatica che lo porterà alla rovina. Lang evita infatti di alleggerire l’incubo che ha costruito intorno al suo protagonista, come aveva fatto nel precedente film, anche perché tutto il racconto è imbastito per mettere Cross nella tragica condizione con cui il film lo congeda nel finale. A differenza del professor Wanley de La donna del ritratto, il nuovo personaggio di Robinson non si macchia di un delitto attenuato dalla legittima difesa; e, fatto simbolicamente più grave, non uccide un amante geloso ma la donna che ama. Uccide, in sostanza, l’amore. L’aspetto simbolico ne La strada scarlatta è, se è possibile, ancora più evidente che nel precedente film; qui non c’è nemmeno la giustificazione narrativa di trovarsi in un sogno, la vicenda appare quasi astratta eppure gli snodi della trama sono perlomeno realistici, per quanto assai poco credibili. Tuttavia il simbolismo permea tutta quanta l’opera: esempi in tal senso sono le scene in esterni, perlopiù notturne o che rivelino comunque la natura artefatta del set allestito negli stabilimenti della Universal, e l’arredamento dell’appartamento affittato per Kitty (Joan Bennett), ricco di decori geometrici e figure astratte. 

Di più: i quadri dipinti da Cross hanno elementi fortemente simbolici e una certa stilizzazione è riscontrabile anche nella definizione dei personaggi della storia. Cross è il tipico uomo mite vessato dalla moglie che si innamora di una ragazza bellissima e molto più giovane di lui; Bellegambe Kitty è sostanzialmente una bambola, buona ad approfittarsi dell’ingenuità del protagonista della storia ma incapace anche solo di comprendere che il suo amato Johnny (Dan Duryea) è solo un povero mentecatto. Eppure, con questi tre personaggi molto stereotipati, caratteristica che accompagna anche le comparse, come Adele (Rosalind Ivan), acida moglie di Cross, Lang riesce a confezionare una storia molto efficace. Certo, funzionale a ciò è la sua proverbiale verve narrativa, la capacità di orchestrare le immagini in modo sontuoso: insomma, la superba abilità registica. Del resto l’autore di origine austriaca ha il suo daffare, perché deve portare la storia esattamente dove vuole che arrivi e, per farlo, c’è da sbrogliare in modo comprensibile e plausibile l’incastro narrativo che vede i quadri di Cross passare da oggetti di nessun valore tenuti nascosti ad opere d’arte riconosciute dai galleristi e critici più in voga. Ad occuparsi di ciò è essenzialmente il personaggio di Johnny, nel tentativo di far luce su una serie di equivoci involontariamente sorti tra Cross e Kitty: per il mascalzone bisogna approfondire se davvero l’attempato corteggiatore è un pittore quotato, cosa di cui si è incautamente convinta Bellegambe. Non sia mai che la coppia, in costante necessità di denaro per fare la bella vita, perda tempo con uno squattrinato qualunque. Gli snodi del racconto porteranno Kitty a firmare i quadri, spacciandoli per sue opere; un dettaglio che Cross, quando se ne accorge, accetta per amore della ragazza. 


Nonostante l’intreccio principale sia sostanzialmente privo di ironia, se non nei pasticci che combina Johnny con i quadri, Lang non vi rinuncia completamente. Naturalmente il personaggio di Cross, quando è alle prese con Kitty, è troppo patetico per reggere un registro umoristico; ne uscirebbe eccessivamente umiliato dallo spettatore e Lang riserva questo trattamento al suo protagonista prevalentemente da parte della donna che ama nel momento clou, motivando così la sua assassina reazione. Ma, prima di questo duro passaggio, Cross ha il tempo di vendicarsi e liberarsi dal giogo della moglie quando le spedisce a casa in piena notte il primo marito, rifattosi vivo quando era dato per morto da anni. 

Homer (Charles Kemper), il presunto defunto, si era presentato a Cross chiedendo un riscatto per non tornare dalla comune moglie; e dire che Adele lo rimpiangeva rinfacciando al suo nuovo consorte quanto fosse felice nel suo primo matrimonio.  Homer, lungi dall’essere quel pezzo d’uomo venerato dall’ex moglie, sembra soltanto un mariuolo, coinvolto in loschi traffici nonostante fosse un detective, che si crede troppo furbo e finisce beffato addirittura da Cross che nella storia non passa certo per un tipo poi così sveglio. E’ un momento umoristico e precede il passaggio cruciale che, peraltro, si connota sempre in chiave ironica per la feroce presa in giro di Kitty nei confronti di Cross. Come detto l’uomo si è ora liberato dalla moglie (dal momento che è tornato in vita il primo marito, il suo legame con Adele si è infatti annullato), e si precipita da Kitty per chiederle di sposarlo. 

Al suo arrivo la trova tra le braccia di Johnny e già lo vediamo vacillare; ma non demorde e si fa avanti con la sua proposta. Davanti alla sua insistenza, la ragazza non regge più la finzione e spiattella in faccia al pover’uomo quanto in realtà lo disprezzi, ridicolizzandolo crudelmente. Anche un tipo all’apparenza mite come Cross ha il suo limite e, a quel punto, il punteruolo del ghiaccio che l’uomo si trova casualmente in mano si rivela davvero poco opportuno. Va detto che il protagonista aveva già dimostrato di possedere, sebbene in forma latente e inconsapevole, una deriva in qualche modo violenta quando, vedendo un bellimbusto picchiare brutalmente una giovane, era intervenuto riuscendo a salvare la ragazza mettendo fuori combattimento il giovanotto. 

Si era all’inizio del film, al passaggio che innescava la vicenda e, naturalmente, i due erano Kitty e Johnny, quest’ultimo avvezzo a prendere a sberle la ragazza che, a suo dire, non trovava questa abitudine poi un grosso problema. Ora la ragazza era però morta e sul punteruolo del ghiaccio, preso da Johnny proprio per brindare con lo champagne insieme a Kitty, c’erano ovviamente le impronte del manesco giovane. Il quadro indiziario generale non sembrava dare scampo a Johnny che si trovava al centro di una complicata situazione fatta di inganni e equivoci, per uscire dalla quale, e poter avere qualche chance di cavarsela, doveva dimostrare che Kitty non era l’autrice dei quadri. Ma Cross, interrogato in proposito, negava di essere in grado di dipingere, condannando di fatto Johnny alla pena di morte. Condannando un innocente. La forza di Lang, il suo rigore morale, tocca in La strada scarlatta uno dei suoi vertici: il complesso castello narrativo serve unicamente per arrivare alla situazione finale. Il protagonista, una persona mite e rispettabile, si rende colpevole di un delitto, da un certo punto di vista comprensibile ma senza alcuna seria attenuante morale e, per farla franca, sostanzialmente incolpa un deprecabile individuo che però, nella circostanza, è innocente. Il risultato di ciò è una condanna ancor più grave che viene inflitta dalla propria coscienza allo stesso Cross: il rimorso lo perseguiterà implacabile, senza dargli scampo. Chiamato a deporre rifiutò di dire la verità mandando alla sedia elettrica un innocente. Forse per sfuggire al rimorso, vaga senza meta come un qualunque barbone. Nel suo peregrinare può perfino capitagli di ascoltare che le sue opere ora valgono migliaia di dollari.
Sembra una beffa ma è solo l'ombra del prezzo della viltà.






Joan Bennett









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