1230_L'ULTIMO ADDIO (Hotel Imperial). Stati Uniti, 1927; Regia di Mauritz Stiller.
Il cinema hollywoodiano è stato spesso accusato di
aver utilizzato la figura femminile in modo strumentale e maschilista; il che è
certamente vero. Ma esistono molti casi che certificano invece l’attenzione
rispettosa per il ruolo della donna nella società, e questo sin da epoche
remote come ad esempio la fine degli anni venti de L’ultimo addio, film
di Mauritz Stiller. Protagonista della pellicola del regista finlandese è la
smagliante Pola Negri, qui al suo apice prima che l’avvento del sonoro ne
comprometta almeno parzialmente la carriera. Pola è Anna Sedak, una semplice
cameriera dell’Hotel Imperial, in Galizia, sul fronte orientale durante la Prima
Guerra Mondiale. Siamo ancora nel 1915, ovvero nelle prime fasi del
conflitto, e la Grande Guerra è ancora in parte ammantata di quell’alone
cavalleresco che poi, nelle trincee, naufragherà nel sangue. Il protagonista
maschile, il tenente Almasy (James Hall) è infatti un ulano, un ufficiale della
cavalleria austroungarica, quanto di più nobile in senso militare ci potesse
essere al tempo. Il paragone, insomma, tra la coppia di protagonisti, sembra
impietoso: in un contesto tipicamente virile come quello bellico, lui è un nobile
cavaliere, lei una sguattera. Eppure, nel finale, quando il tenente viene
insignito della onorificenza per il suo contributo nell’azione di resistenza
all’incursione russa, Almasy chiama sul palco Anna e il suo superiore, l’alto
ufficiale austroungarico, riconosce alla ragazza tutti gli onori meritati.
Insomma, il valore di una donna è visto in questo caso più nell’ottica
patriottica che in quella sessuale; non a caso tutte le avances del generale
Juschkiewitsch (George Siegmann), comandante del reparto russo che occupa
l’Hotel Imperial, cadono nel vuoto. Naturalmente, per la ragazza il nobile
sentimento amoroso è importante, visto che si sovrappone al senso del dovere
patriottico nell’aiutare il tenente Almasy, del resto Anna è una donna di
inizio secolo e non rinnega quella che all’epoca era considerata la sua
vocazione naturale. Anche perché è proprio questa a marcare una differenza in
positivo rispetto al più freddo e razionale tenente degli Ulani: insomma, ai
tempi le caratteristiche considerate femminili (e oggi invece solamente
ritenute frutto di convenzioni sociali) erano spesso il valore aggiunto che
poneva la figura muliebre sul gradino più alto di un’ipotetica scala di valori.
Ma sono questioni di quasi un secolo fa e nell’odierna gara al ribasso, forse
non ci sarebbe nemmeno posto per un’artista (c’è l’apostrofo, è quindi
sottintesa anche grammaticamente la sua femminilità) del calibro di Pola
Negri.
Pola Negri
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