Translate

venerdì 24 marzo 2023

BAD GIRLS GO TO HELL

1245_BAD GIRLS GO TO HELL Stati Uniti 1965. Regia di Doris Wishman. 

Da un film di Doris Wishman, a volte soprannominata la Ed Wood al femminile con intenti non certo lusinghieri, artisticamente non è che ci si debba aspettare poi gran ché, questo è giusto premetterlo per prevenire eventuali obiezioni in tal senso. In sostanza è anche legittimo considerare Bad girls go to hell un semplice film di genere sexploitation degli anni Sessanta; ovvero qualcosa al tempo stuzzicante ma che oggi non desta certo grande impressione per i contenuti erotici o pornografici esibiti. Considerando pure i film d’exploitation, di cui il sexploitation era una branchia, come meri prodotti di cassetta per sfruttare il mercato (exploitation significa infatti sfruttamento) con qualunque mezzo, è forse proprio alla luce di queste considerazioni che questi generi assumono una particolare ragione di interesse. Perché con questi film è un po’ come andare a guardare nella spazzatura per conoscere gli usi e consumi di chi quei rifiuti li produce: poco igienico, forse, ma di una certa efficacia. Nel caso di Bad girls go to hell siamo di fronte ad un onesto film di genere che si basa su un escamotage narrativo non certo originale, ma utilizzato con interessante costrutto. Meg, la burrosa ragazza protagonista (Gigi Darlene) nella vicenda sarà vittima delle attenzioni sessuali di quasi tutti i componenti dello sparuto cast: se il marito (Alan Felton) svolge legittimamente il suo ruolo in questo senso, il portinaio del suo condominio (George LaRocque) la stupra già alla prima occasione quando la incrocia sulle scale, cercando poi di replicare nel suo appartamento. La ragazza a questo punto non ci sta e nella colluttazione che ne segue l’uomo ci rimette le penne; al che Meg, spaventata, fugge. 

Da Boston arriva a New York dove incontra Ed (Sam Stewart), che l’aiuta e la ospita ma finisce per prenderla a cinghiate, da quel che si può intendere per via di una qualche frustrazione sessuale. Segue poi un intermezzo lesbo prima che la nostra povera ragazza trovi finalmente un ricovero tranquillo presso un’anziana bisognosa di assistenza. Peccato che presto arrivi il figlio della signora in questione e che questi sia proprio un poliziotto della Omicidi di Boston e riconosca subito la nostra Meg come la ricercata per l’uccisione del custode. A questo punto la Wishman in regia ricorre ad un classico cliché narrativo per risolvere il racconto: la protagonista si sveglia nel suo letto, è stato tutto un incubo. Il che ci porta ad una considerazione: ma se una bella donna sogna di essere molestata continuamente, e se la cosa regge alla prova narrativa nel divenire il soggetto per un film, evidentemente la questione è da porre sul tavolo. E’, in sostanza, così pesante da sopportare, al punto da creare degli incubi, la bellezza femminile? E se a dircelo è proprio una donna, la regista Doris Wishman, la cosa potrebbe acquisire ulteriore credibilità. La Wishman, tra l’altro, nel finale rincara la dose, giusto per non essere equivocata. Perché dopo il risveglio, Meg, prende la spazzatura ed esce dalla porta del suo appartamento per portala dabbasso, con il film che replica le stesse immagini del sogno, ad inizio pellicola. E, sulle scale, trova ancora lui, il custode, in tutta evidenza pronto per la sua aggressione sessuale. E stavolta, purtroppo, non è un incubo.


Gigi Darlene 





Galleria di manifesti 





Nessun commento:

Posta un commento