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domenica 12 marzo 2023

IL CIRCO INSANGUINATO

1239_IL CIRCO INSANGUINATO (The wagon roll at night)Stati Uniti, 1941. Regia di Ray Enright.

Conosciuto come primo film in cui Humphrey Bogart ricevette un ingaggio da vera star, oltre che per essere il remake de L’Uomo di Bronzo (1937, regia di Michael Curtiz), Il circo insanguinato è invece interessante per altri motivi. Siamo nel 1941, come detto Bogey è in rampa di lancio proprio in quel momento e ha comunque già alle spalle un sacco di pellicole importanti; al suo fianco, nel film di Ray Enright, è chiamata Sylvia Sidney, che è già un’attrice di prima grandezza. Eppure, ne Il circo insanguinato, a Nick e Flo, i personaggi interpretati dai due attori principali – due attori del calibro di Bogart e della Sidney – non sono riservate le parti più gratificanti. Il film ha un finale tragico e forse non riesce a raggiungere la forza emotiva ricercata, Enright non era regista di quel calibro epico, ma lascia una speranza di felicità. Depositari di questa rosea prospettiva sono le seconde linee del cast, Eddie Albert nel ruolo di Matt Varney e Joan Leslie in quello di Mary. Il che è un fatto quantomeno curioso: la star maschile si redime e sacrifica per la felicità della spalla, mentre la diva si mette a disposizione per agevolare la storia d’amore dell’attrice meno acclamata. Va sottolineato che almeno il lato tragico del finale è invece ad appannaggio delle due vedette: a malincuore Flo, innamorata di Matt, sponsorizza la storia d’amore di questi con la giovanissima Mary, sorella di Nick. Il quale, dopo aver imbastito una trappola per far fuori Matt, prima che sia troppo tardi cerca di porvi rimedio perdendo la vita nel tentativo di salvarlo. 

La questione spinosa era che Nick, pur essendo il proprietario del circo dove si svolge la vicenda, non sopporta i saltimbanchi e assolutamente non ne vuole uno come marito della sorella. Un atteggiamento ambiguo che era un po’ la cifra stilistica di Bogart nella prima fase della carriera; successivamente Bogey riuscirà a trasformare questa sua matrice non proprio lineare in un aspetto tridimensionale dei suoi personaggi, ma prima di ciò fu chiamato spesso a recitare ruoli poco lusinghieri proprio per questa sua vena infida. Tornando alla trama, al di là dei citati passaggi drammatico sentimentali, il racconto è incentrato sulla carriera di Matt, da commesso di drogheria a domatore di leoni e attrazione principale del circo. Da ricordare la scena in cui il povero ragazzo di bottega fronteggia, con uno riuscito mix di coraggio e incoscienza, per la prima volta un leone, non nella gabbia del circo ma nel negozio dove lavorava. Sul piano narrativo sono interessanti la rivalità tra Matt e Hoffman (Sig Rutman), l’esperto domatore, oltre alle generiche peripezie del canovaccio fino alla conclusione adrenalinica, sebbene almeno un passaggio – l’accusa a Matt per la morte di Hoffman – venga lasciato incoerentemente cadere nel vuoto; cosa che, nel cinema americano, è quantomai insolita. Il citato finale è appassionante e tragico oltre che ottimistico e risolve una trama nel complesso ben orchestrata, del resto l’origine letteraria – da un romanzo di Francis Wallace – è in questo senso una buona garanzia. L’ambientazione circense è di notevole impatto – in particolar modo le scene con i leoni sono impressionanti – frutto dell’esperienza di Enright con gli spettacoli di varia natura maturata nei suoi tanti musical. Anche la vicenda sentimentale e lo spazio riservato alle figure femminili – quella di Sylvia Sidney è la più importante dell’intero film – è un’altra prerogativa del valido regista americano. Un cineasta capace e originale che nel suo cinema riusciva sempre a mettere qualcosa di personale e dal quale è lecito attendersi sempre uno sguardo inconsueto.      




Silvya Sidney 




Joan Leslie 



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