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mercoledì 22 marzo 2023

NESSUNO MI CREDERA'

1244_NESSUNO MI CREDERA' (They won't believe Me) Stati Uniti 1947. Regia di Irving Pichel. 

A volte per comprendere meglio l’importanza di qualche cosa, bisogna prendere un caso in cui quel qualcosa effettivamente manchi. Nessuno mi crederà può essere un efficace dimostrazione, ad esempio, di quanto sia importante la capacità registica in un progetto cinematografico. Per carità, non si vuole mettere sulla graticola il pur polivalente Irving Pichel, che fu attore di tanti film e ne diresse quasi altrettanti, ma Nessuno mi crederà lamenta davvero una regia troppo insipida. E dire che gli ingredienti c’erano e anche assai saporiti: cast di prim’ordine e storia gialla abbastanza contorta per reggere benissimo un noir d’eccezione. Larry Ballantine, il protagonista, è interpretato da Robert Young, attore in grado di reggere con disinvoltura la doppia traccia della storia. Finale a parte, tutta la vicenda è vista in un flashback di Larry che passa il tempo a tradire la ricca moglie Greta (Rita Johnson) e queste vicende sentimentali sono un filo troppo ingombranti lasciando la deriva gialla a lambire la storia, senza intervenire mai direttamente. In effetti più che i personaggi, è il Destino – ad un certo punto simbolicamente impersonato dal cavallo preferito da Greta – che muove le pedine risultando quasi beffardo. Young è perfetto, in questo contesto, perché come attore non trasmette una statura morale integerrima ma riesce a mostrare con disinvoltura disarmante il lato opportunista e scaltro dell’americano medio, l’eroe borghese per eccellenza. In pratica Nessuno mi crederà può essere inteso come una sorta di noir sentimentale, visto i tanti momenti rosa del racconto, anche se il tipico cliché dei polizieschi degli anni Quaranta può dirsi rispettato, almeno a livello formale. 

Larry, infatti, si è sposato con Greta per interesse – visto che la donna è molto ricca – ma intanto si è fatto l’amante. Quando la moglie lo mette alle strette, si rimette in carreggiata e con la consorte si trasferisce da New York a Los Angeles. Qui però incontra un’altra affascinante donna e ci ricasca. Occorre però dare un nome a queste due amanti che sono, tra l’altro, il vero piatto forte del film: Jane Greer, la prima, è Janice e Susan Hayward è Verna, la seconda; due femme fatale che rappresentano il sublime fascino anni Quaranta. Con un cast composto da Robert Young spalleggiato dalla Greer e dalla Hayward, all’opera su una trama tutto sommato potenzialmente interessante, c’era da cavarne un gran bel film. 

Pichel, invece, si limita a snocciolare gli eventi durante il racconto di Larry, finito a processo per la morte della moglie che avrebbe effettivamente voluto uccidere ma che, al contrario, si era suicidata. Per la verità, l’uomo, nell’unico slancio morale del film, ha più di qualche ragione nel sentirsi colpevole, visto che Greta si era tolta la vita in seguito ad una sua lettera in cui le diceva addio per andarsene con Verna. La soluzione – estrema – che Larry sceglie non ha, almeno nel film di Pichel, quel significato tragico potenzialmente intuibile, ma riprende quella deriva beffarda già esplorata in precedenza dal racconto. Roso dal rimorso per aver tramato contro la moglie e averla così uccisa almeno nelle intenzioni – oltre che tradita ripetutamente – l’uomo si suicida. Ironicamente, nel successivo verdetto, la corte crede alla sua confessione e lo giudica innocente dell’atto di omicidio.
Il film si lascia indubbiamente seguire, nonostante i troppi passaggi sentimentali all’acqua di rose e la carenza di azione o suspense. Va detto che l’idea di base, pur se interessante, era forse molto difficile da realizzare, visto che un personaggio come Larry appare troppo smidollato e forse qualche responsabilità è da attribuire anche a Young. Pichel, in ogni caso, manca di polso, tanto che anche la Hayward e la Greer risplendono per fascino e bellezza che portano naturalmente in dote ma in buona sostanza incidono poco. Insomma, un film a cui manca il manico.   



Susan Hayward 





Jane Greer




Rita Johnson 


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