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sabato 7 gennaio 2023

PRETTY WOMAN

1198_PRETTY WOMANStati Uniti 1990; Regia di Garry Marshall. 

Poco prima del gran finale, Kit (Laura San Giacomo) la cita esplicitamente: Cenerentola è la favola che funge da palese riferimento a Pretty Woman, film di Garry Marshall. Non c’è da stupirsi se, nelle abili mani di Marshall – che confeziona un prodotto formalmente accattivante – il film si riveli un successo epocale, raccogliendo consensi unanimi specialmente presso il pubblico femminile. Il regista americano e gli abili produttori della Touchstone Pictures, branchia della Disney, sanno il fatto loro e pianificano tutto per bene. Il film è intestato ad una donna, come è evidente dal titolo, ma la star di richiamo è Richard Gere (nel ruolo dello yuppie Edward Lewis), attore in fase di stallo ma potenzialmente ancora in grado di sfruttare il traino di Ufficiale e gentiluomo (1982, di Taylor Hackford) che lo aveva consacrato come icona sexy per il pubblico femminile. La scelta di rivela azzeccatissima: Gere in Pretty Woman è perfetto, addirittura più funzionale, in una certa ottica, che nell’illustre precedente. L’attore americano è un filo maturo ma a 51 anni non ha certo perso il suo fascino, anzi, ed interpreta un ruolo tutto sommato semplice, un uomo ricchissimo e bello. A completare l’opera, a rendergli cioè più efficace la prestazione, ci pensa la partner, Julia Roberts. Julia interpreta Vivian Ward, la Pretty Woman del titolo, una prostituta da strada che viene casualmente ingaggiata da Edward prima per un’indicazione, poi per una corsa, quindi per tutta una notte e infine per una settimana. 

Anzi no, ovviamente il finale lietissimo prevede, dopo qualche tribolazione di rito, che i due convolino a nozze ma questo era evidente sin da subito. La Roberts era al tempo in rampa di lancio, nomination agli Oscar come attrice non protagonista per Fiori d’acciaio giusto in quel 1990, ma ancora poco nota al grande pubblico. In Pretty Woman si mangia il film, Richard Gere compreso, ma questo non fa che solleticare la fantasia del pubblico a cui il film è smaccatamente rivolto, quello femminile, che può vedere la favola di Cenerentola attualizzata e con la protagonista in grado di offuscare anche il carisma del maschio alfa della vicenda. La differenza di età e il fascino solido di Gere consentono all’attore di reggere l’urto senza scomporsi più di tanto e senza venir sminuito dall’esuberanza della Roberts. 

Julia è davvero travolgente; oltretutto, pur essendo una bellissima ragazza, non è di una bellezza troppo patinata, con quel volto particolare e il sorriso enorme che la rendono al contempo istintivamente simpatica oltre che di piacevole aspetto. Questo è un cardine della commedia sentimentale: se si prende un’attrice troppo bella secondo i canoni classici si rischia che le spettatrici non riescano ad immedesimarcisi, fallendo quindi il proprio obiettivo. Questi sono dettagli da seguire rigorosamente – e alla Disney, pardon alla Touchstone, lo sanno benissimo, ovviamente – perché nessun genere deve rispettare i suoi cliché come il film sentimentale per avere successo: il cuore non seguirà alcuna regola ma il cinema romantico eccome. Pretty Woman è in effetti un prodotto scientifico da laboratorio, e se si preferisce chiamare alchimia quella che si innesca tra i due protagonisti del film, allora i produttori e il regista vanno intesi come alchimisti. Che arrivano al punto di sostituire il corpo della Roberts nel poster principale del film e in alcune scene osé utilizzando la modella Shelley Michelle come controfigura per quel che riguarda appunto il fisico della protagonista. Il che suona un po’ paradossale: un film che dichiaratamente critica il sistema economico americano degli anni Ottanta prende per protagonista il più ricco e spietato tra gli speculatori di borsa, e imposta la sua favola sul sogno di una ragazza bella sì, d’accordo, ma non in modo stereotipato. Salvo che, all’occorrenza, non esitare a ricorrere alla più famosa body-double di Hollywood per avere l’impatto scenico necessario. Hai voglia a sognare, se non hai la controfigura che ti presta le curve giuste al momento giusto. Ma è la magia di Hollywood, in fondo, come ribadito nel film stesso. La storia narrata, tra l’altro, come detto, non approva il credo liberista degli eighties reganiani e Vivian riesce, nel corso della vicenda, a ricondurre Edward sulla retta via di una maggiore umanità. E’ un percorso reso manifesto anche nella risposta finale della ragazza all’uomo che le chiede cosa sarebbe successo ora che il cavaliere ha scalato la torre per salvare la fanciulla in pericolo. ‘La ragazza salva l’eroe’, è la risposta di Vivian. Al netto di tutti gli imbrogli e le scorciatoie narrative, può essere una soluzione credibile? Per migliaia di donne lo è stata. Speriamo non solamente per la durata del film.    



Julia Roberts 







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