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mercoledì 4 gennaio 2023

ENIGMA FRANJU_10: LE THÉÂTRE NATIONAL POPULAIRE

1196_LE THÉÂTRE NATIONAL POPULAIREFrancia 1956; Regia di Georges Franju.

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L’anno successivo Franju dirige Le Théàtre National Popolare che, al solito in modo un po’ spiazzante, più che un testo dedicato al TNP vero e proprio si concentra sulla troupe e sulla tournée della compagnia diretta da Jean Vilar. Naturalmente il teatro è presente, dal regista mostrato nel suo paterno lavoro con un’intensa Monique Chaumette che prova il Don Giovanni di Moliére alla strepitosa performance di Marìa Casarès nei panni di Lady Macbeth ma a rimanere nell’occhio dello spettatore sono le parti di contorno. Un attore in costume di scena fuma una sigaretta mentre aspetta di entrare sul palco, Silvia Monfort e altri due attori si preparano in camerino, l’orchestra prova in uno scantinato… che l’interesse di Franju vada oltre il palco è simbolicamente reso manifesto dall’immagine con il sipario che si apre e al posto della scena teatrale si para dinnanzi a noi un ponte ferroviario altissimo – con tanto di treno in transito – in una scena inequivocabilmente in esterni. L’attenzione si sposta così sulle città toccate dalla tournée e per le località all’esterno Franju ricorre al vecchio stratagemma delle cartoline illustrate. Il luogo dove vive il teatro, e di conseguenza anche il cinema, non è sul palco ma la vita di tutti i giorni, la nostra quotidianità. 

Questa considerazione è alla base anche del cortometraggio Sur le pont d’Avignon che è girato mentre la troupe di Franju è in attesa nel tempo che intercorre tra le due rappresentazioni filmate ne Le Théàtre National Popolare nel festival della città antica sede papale. Il cortometraggio, di soli dieci minuti, si contraddistingue per essere a colori, il primo girato da Franju, ed è diviso in tre parti: si comincia con uno sguardo panoramico sulla città, con le immagini del Palazzo dei Papi a dominare la scena. Durante la visita agli interni e agli affreschi l’incursione di un ragazzino che gioca anticipa la seconda sezione del cortometraggio, dove altri fanciulli sono alle prese con diverse attività ludiche. Alle quali partecipa anche un cane, subito benevolmente redarguito dal padrone, e la mente non può non tornare al povero Pierrot abbandonato al suo triste destino in Mon Chien. Una serie di cartoline, in bianco e nero, appese in un chiosco è il pretesto per Franju per mettere in scena un po’ del suo cinema: realismo - le immagini fotografiche – e fantasia – l’idea che scorrendole possano divenire cinema. Ma è solo un’impressione perché incalza la festa nazionale del 14 luglio e il regista vuole documentare un po’ di sana vivacità popolare condita addirittura dai fuochi artificiali.

Nel 1957 Franju, nonostante il suo anticlericalismo, accetta l’incarico del Ministero delle Belle Arti per un documentario sulla cattedrale Notre Dame di Parigi. L’autore bretone era ormai abbastanza noto e il Ministero si premunisce da eventuali sorprese: il cortometraggio deve limitarsi all’architettura dell’edificio, preti e funzioni vanno lasciati perdere. Notre-dame, cathédrale de Paris è comunque un valido esercizio di stile oltre ad esaudire le richieste del committente; Franju muove la macchina da presa con panoramiche sugli ampi spazi, alternando inquadrature fisse a carrellate quasi ad enfatizzare ulteriormente ogni viaggio della ripresa. Una sovrapposizione dell’immagine della cattedrale sul riflesso di una vetrina di un negozio di giocattoli è il passaggio forse più noto, in cui il paragone tra l’antico edificio e la città modernizzata che la circonda evidenzia la capacità di viaggiare – di qui il costante movimento della macchina da presa – nel tempo della nave di pietra
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Monique Chaumette



Silvia Monfort



Marìa Casarès


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