1193_LES POUSSIÈRES . Francia 1954; Regia di Georges Franju.
7_continua.
Un’attitudine che emerge ancora più marcatamente nel successivo Les Poussières un documentario commissionato a Franju dall’Istituto per la Sicurezza sul Lavoro. Innanzitutto, è sorprendente che già a metà degli anni Cinquanta ci fosse una simile attenzione per le polveri che, soprattutto in ambito professionale, sono il maggiore pericolo per la salute dei lavoratori. Il regista bretone, con la solita scrupolosità e precisione, puntualizza che la polvere, di per sé, è già presente in natura e quindi non si tratta unicamente di un rischio introdotto dall’attività umana. Certo, il vero problema nasce nella sfera lavorativa in quanto le ore passate dagli addetti, spesso senza protezioni, sono troppe. In ossequio al committente Franju mostra anche alcuni dispositivi di protezione, maschere e filtri ma, in proporzione, lo spazio riservato ai rischi connessi alle varie attività professionali è nettamente superiore. Ma non si tratta di uno squilibrio fazioso bensì di una scelta ponderata e legata alla effettiva esiguità della cultura della sicurezza in ambito professionale che si poteva avere negli anni Cinquanta. Perché in tema di equilibrio critico non si può che elogiare Franju per l’attenzione con cui evita di mettere sotto il suo obiettivo solo le attività industriali ma dedica spazio anche ai rischi connessi alle polveri negli ambiti dell’agricoltura e dell’artigianato. Lo sguardo del regista è infatti assente da polemiche o strumentalizzazioni: anzi, va detto che l’autore si lascia sedurre dall’operosità dei lavoratori e dalla loro perizia nonché dai meccanismi delle macchine in funzione. Dei primi si evidenzia l’abilità degli artigiani produttori di ceramica mentre nei macchinari saltano all’occhio alcune scene prese dagli impianti siderurgici già visti nel precedente En Passant par la Lorraine. Se la battaglia per la sicurezza sul lavoro sembra ardua, vedendo come la polvere è diffusa capillarmente in ogni dove, Franju chiude il suo cortometraggio con una nota ulteriormente pessimista – del resto François Truffaut lo battezzerà Georges il pessimista – chiamando in causa la polvere radioattiva.
_continua.
Un’attitudine che emerge ancora più marcatamente nel successivo Les Poussières un documentario commissionato a Franju dall’Istituto per la Sicurezza sul Lavoro. Innanzitutto, è sorprendente che già a metà degli anni Cinquanta ci fosse una simile attenzione per le polveri che, soprattutto in ambito professionale, sono il maggiore pericolo per la salute dei lavoratori. Il regista bretone, con la solita scrupolosità e precisione, puntualizza che la polvere, di per sé, è già presente in natura e quindi non si tratta unicamente di un rischio introdotto dall’attività umana. Certo, il vero problema nasce nella sfera lavorativa in quanto le ore passate dagli addetti, spesso senza protezioni, sono troppe. In ossequio al committente Franju mostra anche alcuni dispositivi di protezione, maschere e filtri ma, in proporzione, lo spazio riservato ai rischi connessi alle varie attività professionali è nettamente superiore. Ma non si tratta di uno squilibrio fazioso bensì di una scelta ponderata e legata alla effettiva esiguità della cultura della sicurezza in ambito professionale che si poteva avere negli anni Cinquanta. Perché in tema di equilibrio critico non si può che elogiare Franju per l’attenzione con cui evita di mettere sotto il suo obiettivo solo le attività industriali ma dedica spazio anche ai rischi connessi alle polveri negli ambiti dell’agricoltura e dell’artigianato. Lo sguardo del regista è infatti assente da polemiche o strumentalizzazioni: anzi, va detto che l’autore si lascia sedurre dall’operosità dei lavoratori e dalla loro perizia nonché dai meccanismi delle macchine in funzione. Dei primi si evidenzia l’abilità degli artigiani produttori di ceramica mentre nei macchinari saltano all’occhio alcune scene prese dagli impianti siderurgici già visti nel precedente En Passant par la Lorraine. Se la battaglia per la sicurezza sul lavoro sembra ardua, vedendo come la polvere è diffusa capillarmente in ogni dove, Franju chiude il suo cortometraggio con una nota ulteriormente pessimista – del resto François Truffaut lo battezzerà Georges il pessimista – chiamando in causa la polvere radioattiva.
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