1272_GLI AMANTI DELLA CITTA' SEPOLTA (Colorado Territory). Stati Uniti, 1949; Regia di Raoul Walsh.
Strepitoso western di Raoul Walsh, Gli amanti della città sepolta rappresenta uno dei vertici qualitativi della carriera del prolifico regista americano. Si tratta di una sorta di rifacimento in chiave western del suo già ottimo precedente noir Una pallottola per Roy, e dimostra la superba capacità di Walsh di raccontare attraverso l’uso serrato del montaggio e di essenziali movimenti della macchina da presa. Gli spettacolari scenari del sudovest americano – memorabili in particolare quelli di Sedona, Arizona – rispetto al soggetto iniziale rappresentano un valore aggiunto che Walsh sa perfettamente come sfruttare. Anche il ricorso alla cultura dei nativi – il finale nella città della Luna – oltre ai riferimenti al Messico e alla precedente dominazione spagnola sull’area, sono ulteriori elementi evocativi che rendono Gli amanti della città sepolta un film insolitamente ricco di fascino storicamente più autentico rispetto ad un comune western. Per la precisione, quello di Walsh è un western romantico, uno dei capisaldi di questa corrente che anticipò la golden age del genere, e ne rispetta tutti i cliché pur anticipando già alcuni temi che avranno maggior eco nei decenni a venire. Sulla carta – di locandine e manifesti – il protagonista principale è Joel McCrea nel ruolo di Wes McQueen, il classico fuorilegge dei western anni Quaranta, allergico alle regole ma fondamentalmente di animo buono. Si tenga per valida la descrizione che ne dà la presunta zietta che va a fargli visita in cella nell’incipit: “soltanto un po’ vivace”. E’ un passaggio consapevolmente ironico nel quale si prepara l’evasione di McQueen, che in seguito si unirà alla banda che ha organizzato la sua fuga.
Durante il tragitto il nostro eroe incontra Fred Winslow (Henry Hull) con la figlia Julie Ann (una giovanissima Dorothy Malone), coloni che hanno comprato un ranch nell’ovest. La compostezza della ragazza oltre alla somiglianza con una sua vecchia fiamma colpiscono McQueen, tanto che il fuorilegge decide di chiudere la sua carriera criminale, immaginando un futuro da pacifico colono insieme alla ragazza. In ogni caso, per riconoscenza verso il vecchio amico che l’ha fatto evadere, l’ultimo colpo, una rapina al treno, si farà. Il ritrovo è a Todos Santos, impervia località abbandonata nel deserto; a sorpresa, insieme a Duke (James Mitchell) e Reno (John Archer), la coppia di banditi con cui McQueen farà il colpo, c’è anche una donna. E’ Colorado Carson ed è la vera protagonista del film. Interpretata da una fantastica Virginia Mayo, qui forse al suo apice interpretativo, è di gran lunga il personaggio migliore e più interessante della storia.
Già il nome, che riprende quello del titolo originale (Colorado Territory), ci suggerisce l’importanza del personaggio; inoltre si può anche leggervi la natura ambivalente di Colorado Carson, ragazza bianca ma con sangue pellirossa. Il primo è il nome del territorio e rappresenta la sua natura indiana; Carson richiama invece uno dei più celebri personaggi storici del far west, Kit Carson, e evidenzia il suo legame con la sua educazione americana. Per quanto, se la vediamo muoversi con grazia felina sulle aspre rocce del sudest come una vera pellerossa, dal suo racconto emerge come nel saloon dove lavorava era considerata alla stregua di una prostituta. La prospettiva de Gli amanti della città sepolta, è quindi assolutamente moderna laddove è evidente che il personaggio più importante non solo è una ragazza, e questo nel western romantico non era poi così infrequente, ma addirittura una meticcia. Una ragazza che non ha alcun futuro, nella civiltà arrivata dall’est che il suo ostinato rifiuto a tornare in città evidenzia; per lei, per la verità, un posto eventualmente ci sarebbe: al saloon. Anche McQueen la ignora per tutta la durata del racconto, concentrato com’è sulla rispettabile Julie Ann. L’importanza di queste trame sentimentali non è affatto secondaria, diversamente non saremmo in un western romantico; la corrente raccontava del passaggio dal periodo selvaggio (wild west) a quello più civilizzato e niente come una donna – famiglia, figli, comunità – poteva aiutare a rappresentare l’idea di una società civile. Non a caso in genere il protagonista era un fuorilegge che veniva poi convertito alla legalità dalla prospettiva di accasarsi con la bella della storia. Un’architettura narrativa presente anche ne Gli amanti della città sepolta: McQueen vorrebbe in effetti maritare la dolce Julie Ann e metter su famiglia vivendo pacificamente. Al che Colorado Carson potrebbe essere unicamente il lato debole del triangolo melodrammatico e levarsi narrativamente in qualche modo dalle scatole prima della fine del film. Ma Gli amanti della città sepolta non è un semplice western romantico ma piuttosto un film che, partendo dai presupposti della suddetta corrente, anticipa i temi successivi del genere. Ovvero la questione indiana oltre che quella morale. In effetti in America si sorvolò troppo semplicisticamente sui crimini connessi durante la conquista, durante la Guerra Civile e anche durante il periodo del selvaggio west.
La mitizzata figura di Jesse James, a cui si rifanno grosso modo tutti gli eroi del western romantico, è l’esempio calzante. Raoul Walsh, sebbene avesse la poderosa vigoria del narratore avventuroso, possedeva anche una statura autoriale: difficile che, in un western, un personaggio che ignora totalmente il lato oscuro del rifarsi una vita coi proventi di una rapina, possa cavarsela. Nonostante gli slanci generosi e l’attitudine eroica, qualche appunto alla condotta di McQueen è lecito, infatti. Anche da questo punto di vista Colorado Carson lo surclassa, come si capisce già dalla presentazione che ne da il bandito Duke: “è una stupida, crede perfino alla lealtà”. L’eroe del film riesce comunque a stagliarsi nella storia, anche da un punto di vista morale, per via del fosco quadro che Walsh fa dell’ambiente legale: lo sceriffo (Morris Ankrun) è un uomo duro che non esita ad impiccare i banditi senza alcun processo, e i suoi uomini sono anche peggio.
Uno si ricorda per la frustata che rifila a Colorado Carson, per indurla a collaborale, un altro è protagonista di una delle scene più celebri del film, quando si accende il fiammifero sulla suola di uno degli stivali del bandito impiccato. Un geniale passaggio che evidenzia lo scarso spessore morale di uomini – di legge! – che non avevano il minimo rispetto nemmeno per la morte. Ma le figure in apparenza rispettabili che nella realtà si rivelano perlomeno ipocrite si sprecano: si va dall’ex detective Pluthner (Harry Wood) – segreto organizzatore della rapina - al ferroviere Wallace (Ian Wolfe) – doppiamente traditore – a sua moglie – avida e, seppure involontariamente, a sua volta traditrice. Ma il colpo basso Walsh lo riserba per il finale, quando Julie Ann vorrebbe vendere McQueen agli uomini dello sceriffo per intascare la taglia. Il grande regista americano era, come detto, un valente narratore e non si lascia scappare l’occasione per imbastire un violento catfight, una selvaggia lotta che vede protagoniste Colorado e Julie Ann.
La Malone, che fu una grande attrice, costretta in una parte un po’ antipatica, si disimpegna comunque con professionalità. Virginia Mayo, che aveva fin lì dovuto masticare amaro, coglie al volo l’opportunità è s’invola per un finale in cui si mangia il film, Joel McCrea compreso. Walsh gioca al gatto col topo illudendo prima i protagonisti – salvo lanciare chiari segnali jettatori come la fede nuziale infilata al dito di Colorado prima del matrimonio – poi li ficca in una situazione senza via di uscita. McQueen è asserragliato nella Città della Luna, un antico villaggio scavato nella roccia, location non identificata ma simile a quella della Mesa Verde, New Mexico. Siamo nel deserto, l’uomo è ferito e non ha acqua né cibo. Gli uomini dello sceriffo, assai numerosi, lo assediano; sul posto arriva Colorado. Gli uomini della posse la catturano ma la ragazza si rifiuta di collaborare, segnalando cioè la sua presenza per indurre McQueen ad arrendersi; ammissione implicita, e sconsolante, al fatto che una donna non era affatto al sicuro nelle mani degli uomini dello sceriffo. Sceriffo che, da parte sua, decide di tendere un tranello, fingendo di lasciare sguarnito l’assedio; Colorado ci casca e si lancia verso la Città della Luna. McQueen scorge la ragazza arrivare ed esce a sua volta incautamente allo scoperto; gli uomini dello sceriffo non aspettano altro. Quando vede gli sgherri a cavallo sopraggiungere, Colorado si para rabbiosa davanti al proprio uomo e con due pistole spara all’impazzata come una tigre. La risposta dei cacciatori è altrettanto veemente; una gragnuola di colpi falcia tanto il fuggitivo che la sua amata. Al di là della tragica conclusione della trama avventurosa, c’è comunque spazio per una chiusura consolatoria, che serve in parte a stemperare l’amarezza per la morte dei protagonisti, gli unici personaggi, insieme al vecchio Winslow, depositari di qualche valore positivo. Per i quali, in America – intesa come Stati Uniti – sembra dirci Raoul Walsh, non c’era posto, se l’unico che spende qualche parola buona per loro è il monaco che è, significativamente, messicano.
Virginia Mayo
Dorothy Malone
Galleria di manifesti
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