1270_STASERA HO VINTO ANCH'IO (The Set-Up). Stati Uniti, 1949; Regia di Robert Wise.
A proposito di Stasera ho vinto anch’io di Robert Wise, il regista Martin Scorsese, dopo aver rivisto alla televisione il film, fu stupefatto dalle scelte di montaggio di Wise, in particolare durante la scena di Julie (Audrey Totter) in piedi sul ponte dell'autostrada, biglietto in mano, indecisa se recarsi all’incontro di pugilato di suo marito Stoker (Robert Ryan). "Ho sempre trovato quella sequenza un ottimo esempio della potenza del montaggio di Robert Wise. L'intreccio di quel ritmo, il movimento dei tram e degli autobus, è molto efficace e molto bello". Scorsese si è detto più volte entusiasta di questo film di Wise in particolar modo per la capacità del regista nel disporre le operazioni in sala taglio. E va detto che il montaggio è la vera essenza del cinema sebbene, forse proprio per essere il frutto di un’operazione di sottrazione – gli scarti di pellicola che vengono tagliati – non sempre è così appariscente. In Stasera ho vinto anch’io c’è però qualche elemento oggettivo che ci permette di valutare la qualità di Wise in questo specifico aspetto. All’inizio del lungometraggio l’orologio della piazza segna le 9 e 05 mentre in chiusura di pellicola lo stesso orologio indica 10 e 16: in pratica il film si svolge in tempo reale. Questo lo si può cogliere anche nella durata delle riprese sul ring – come accennato il film è ambientato nel mondo del pugilato – che sono insolitamente lunghe per una ricostruzione cinematografica. In effetti quando vi è una rappresentazione di un evento sportivo, al cinema si tende a tagliare le fasi meno avvincenti per concentrarsi su quelle decisive e più appassionanti.
E’ nella logica del cinema, del resto Alfred Hitchcock diceva “per me il cinema non è una fetta di vita ma una fetta di torta” chiarendo come sullo schermo si poteva lasciare solo quanto è realmente interessante, tralasciando le parti meno gustose della quotidianità. Non è che Robert Wise contraddica questo assunto, anche se un racconto filmico che dura esattamente lo stesso tempo del suo scorrere sullo schermo sembri l’esatta negazione del punto di vista hitchcockiano. In realtà il regista americano approfitta dell’estensione del tempo reale per seguire più vicende contemporaneamente, sfruttando mirabilmente il montaggio per saltare le parti di stanca di una traccia, ad esempio le fasi più monotone dell’incontro di boxe, concentrandosi su altri personaggi. Quello citato da Scorsese è forse il passaggio più bello, perché vede sulla scena un personaggio cruciale, la moglie del protagonista del film, il pugile Stoker Thompson: Julie, a cui Audrey Totter dedica un’interpretazione particolarmente intensa, ha infatti un ruolo chiave, nel racconto. Non a caso il titolo italiano del film è dedicato a lei; è la donna dell’eroe che permette il lieto fine, con il suo accogliere tra le braccia il marito martoriato. Il protagonista vince un match di boxe contro i pronostici sconfessando il proprio angolo che si era perfino accordato – a sua insaputa – per perdere l’incontro, per dare la certezza al gangster Little Boy (Alan Baxter) di una vincita senza rischi. Una volta vistosi beffato, Little Boy e i suoi scagnozzi danno una pesantissima ripassata al povero Stoker, già sfinito dall’incontro appena disputato, rompendogli una mano in modo da metterlo definitivamente fuori gioco con la boxe.
Dal canto suo Tiny (George Tobias), l'infido allenatore del pugile protagonista che aveva venduto l’incontro, se l’era prontamente filata appena visto che le cose avevano preso una piega pericolosa. Come si può intuire, il canovaccio non si limita quindi a ciò che accade sul quadrato, ma procede su diverse piste in contemporanea: c’è il match, d’accordo, ma c’è anche la trepidazione di Julie e ci sono anche i rispettivi team dei pugili che cercano di capire se l’incontro si svolgerà secondo gli accordi presi sottobanco. Inoltre, Wise punteggia costantemente il racconto con una serie di gustosi inserti narrativi che vanno dal grassone tra il pubblico che si ingolla in successione popcorn, hot dog, hamburger, gelato e ancora popcorn, alle eleganti signore che prima si dicono disgustate dalla violenza della boxe ma poi si scoprono partecipi in modo esagitato. Il montaggio di Wise cuce tutto quanto in modo organico, approfittando dei tempi morti di una traccia per passare su un’altra pista narrativa, convogliando tutte le trame fino al lieto fine che non è affatto scontato o banale. Il protagonista ha infatti vinto il suo incontro ma la sua carriera è finita; i cattivi, inoltre, per quanto abbiano perso dei soldi per via della scommessa, la fanno franca, restando impuniti tanto per gli intrallazzi che per la violenza ai danni di Stoker. Perfino Tiny, un altro che meriterebbe una sonora punizione, per quanto ne possiamo sapere, se la sfanga, avendo tolto le tende per tempo. Ma quando vediamo Julie, colma d’amore e, per assurdo, di gratitudine - gratitudine proprio per quella mano del marito barbaramente rotta da un mattone – correre ad abbracciare il suo Stoker, si può capire che non ci poteva essere finale migliore.
Audrey Totter
Nessun commento:
Posta un commento