1284_PHILO VANCE: LA FINE DEI GREENE . Italia,1974; Regia di Marco Leto.
Il terzo episodio della miniserie dedicata a Philo
Vance, è tratto dal terzo romanzo di S. S. Van Dine (pseudonimo di Willard
Huntington Wright), come del resto erano stati cronologici i due capitoli
precedenti. In totale i libri dedicati al raffinato dandy newyorkese furono ben
dodici: chissà se negli intenti della Rai ci fosse, all’epoca, l’idea di
portarli tutti sullo schermo. In quel caso, la decisione di fermarsi alla prima
stagione composta dai primi tre episodi distribuiti in sei serate, venne
probabilmente maturata dal modesto risultato qualitativo dell’opera.
Intendiamoci: nel complesso sono sceneggiati che si lasciano vedere con sufficiente
piacere, aiutati, in questo, dalla trama gialla dei racconti che finisce sempre
per coinvolgere. Ma troppi sono i limiti mostrati qua e là dall’operazione,
alcuni legati alla trasposizione di Marco Leto, in regia piuttosto scialbo, ma
più di qualcuno già intrinseco nell’opera letteraria. A partire dal carattere
del protagonista, Philo Vance, (interpretato con trasposto da Giorgio
Albertazzi) aristocratico personaggio che, nell’aiutare il suo amico
procuratore distrettuale Markham (Sergio Rossi) troppo spesso esagera con il
suo ostentato snobismo. Per la verità oggetto delle sue sprezzanti osservazioni
è più il sergente Health (Silvio Anselmo) che non l’amico procuratore, ma
l’indirizzo è, abbastanza scopertamente, la metodica d’indagine deduttiva.
Quella di Sherlock Holmes o dei romanzi di Agatha Christie, che l’opera di S.S.
Van Dine voleva in sostanza prendere un po’ in giro. Come tutti i progetti
impostati sull’ironia, anche quello dedicato a Philo Vance ha scadenza
piuttosto breve perché l’umorismo ai danni di qualcosa dura finché non si sono
capiti i limiti dell’oggetto della satira, dopodiché la cosa comincia a
divenire noiosa. Un problema solo sfiorato dagli sceneggiati Rai, che si
fermarono, come detto, al terzo episodio ma che emerse, probabilmente in tutta
la sua importanza nell’opera letteraria: un critico dell’epoca definì il
declino degli ultimi romanzi davvero evidente nonché il nono degli stessi l’ultima
palata di terra sulla tomba letteraria sulle avventure di Vance. La fine
dei Greene non è però questa tragedia e si lascia guardare, sebbene i
passaggi forzati o quantomeno poco chiari – su tutti i meccanismi nascosti o
l’idea che la colpevole arrivi a spararsi per depistare i sospetti – lasciano
alquanto perplessi. Poco intrigante anche il cast di contorno, questa volta – da
citare almeno Micaela Esdra, Anna Maria Gherardi, Tino Bianchi – un po’
sbiadito come il ricordo che lascia l’episodio e forse anche l’intera
serie.
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