1271_SHE-MAN: A STORY OF FIXATION . Stati Uniti, 1967; Regia di Bob Clark.
L’exploitation non è certo un genere in cui sia
facile trovare non si dice capolavori, ma almeno opere ben costruite. She
Man - A story of fixation non è un esempio che faccia eccezione, essendo
poco più che un modesto intrattenimento; eppure, come spesso accade a questi
prodotti, ha i suoi spunti interessanti. L’exploitation utilizza gli
argomenti che la società considera tabù per creare motivo di interesse e, è
abbastanza comprensibile, le pretese artistiche degli autori, posto che ci
siano, sono messe in secondo o terzo piano. Qui, ufficialmente, il tema
affrontato è il travestitismo con l’aitante giovanotto Albert (Leslie Marlowe)
costretto dalla Mistress Dominita (Dorian Waine) con un ricatto a diventare
Rose, la sua cameriera. Dominita è, a sua volta, un travestito, essendo in
abiti borghesi Dominique Festro, ex commilitone di Albert. Se Leslie Marlowe
appare alquanto improbabile in abiti femminili, ben altro effetto fa Dorian
Wayne, noto female impersonator della scena di Miami, che interpreta in
modo sontuoso la maitresse en travesti. In effetti, il tema del
travestitismo, per quanto il film sia incorniciato da spiegazioni scientifiche
che provano a collocarlo come espressione dell’umana sensibilità innocua e
ingiustamente considerata criminale negli Stati Uniti, non è l’aspetto
trainante dell’opera. E’ piuttosto il sadomasochismo, di cui Dominita è una
superba interprete, ad essere nel film il vero elemento capace di turbare le
borghesi convenzioni. Purtroppo il BDSM (acronimo che sta per Bondage
e disciplina, Dominazione e sottomissione, Sado-Masochismo) è eticamente condannato
dalle citate cornici – e nella forma espressa dal racconto, convinta e ben poco
giocosa, in modo anche condivisibile – ma è curioso come si cerchi di sdoganare
una presunta devianza e per farlo se ne condanni un’altra. Che poi, tra
l’altro, il fatto che ad interpretare i classici ruoli sadomaso, dominante e
sottomesso, siano uomini vestiti da donna, rende più pepata la questione.
Curiosa poi la differente interpretazione del travestitismo: da una parte il
credibilissimo Dorian Wayne, che peraltro mantiene alcune caratteristiche
androgine che non ne scalfiscono il fascino, mentre diametralmente opposta, in
questa ottica, spicca la goffaggine di Leslie Marlowe in tacchi, calze di nylon
e gonna corta. Nella vicenda raccontata il finale politicamente corretto,
con la vendetta degli schiavizzati nei confronti di sua maestà Dominita,
smorza ulteriormente il tono del film, ma è anche comprensibile. Insomma,
un’opera certamente che prova un po’ ad osare e, come molte altre del genere,
allo stesso tempo ritrae la mano. Ma tant’è, sono temi che si fatica ancora
oggi ad affrontare per cui possiamo anche giustificare gli autori e anzi ringraziarli
per averne dato una sorta di testimonianza.
Dorian Wayne
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