1282_PHILO VANCE: LA STRANA MORTE DEL SIGNOR BENSON . Italia,1974; Regia di Marco Leto.
Conoscendo l’istrionismo di Giorgio Albertazzi, non si
rimarrà certo sopresi o spiazzati di fronte all’incipit del primo episodio
della miniserie Rai dedicata al bizzarro ‘investigatore per diletto’ Philo
Vance. Nell’attacco de La strana morte del signor Benson, Albertazzi
introduce infatti alla sua maniera – parlando direttamente agli spettatori – il
personaggio che interpreta, protagonista dei gialli di S. S. Van Dine
(pseudonimo di Willard Huntington Wright) ambientati nella New York degli anni
30 del XX secolo. Vance è un eccentrico critico d’arte che collabora giusto per
curiosità con la polizia, mettendone alla berlina i metodi investigativi
ordinari. In effetti, detta così, Vance non è che susciti troppa simpatia; ma è
un aspetto che lo stesso Albertazzi anticipa, nel suo citato cappello
introduttivo. In realtà, perlomeno il Vance di Giorgio Albertazzi non è
antipatico più di tanto – almeno in questo primo episodio – anche perché
l’attore toscano ha un tale carisma da riuscire comunque convincente perfino
quando si diverte a fare il presuntuoso con il suo piglio autocompiaciuto. Nel
complesso La strana morte del signor Benson è un’opera riuscita: l’origine
letteraria garantisce solidità che il bravo Biagio Proietti, coadiuvato da
Belisario Randone, adatta con efficacia ai tempi dello sceneggiato Rai
dell’epoca. La regia di Marco Leto è discreta, c’è forse qualche inserto
d’ambientazione – immagini d’epoca degli anni 30 newyorkesi o cose del genere –
che si potevano anche evitare, ma sembrano peccati veniali. Le scenografie sono
modeste ma presto ci si adegua e la verve attoriale di matrice teatrale degli
interpreti occupa adeguatamente gli spazi lasciati liberi dalla povertà della messa
in scena. Albertazzi va sul velluto in un ruolo che si vede benissimo che lo
diverte e il suo pavoneggiarsi negli eleganti panni del dandy americano
contribuisce a definire ancora meglio il personaggio. A fargli da spalla, due
poliziotti che, come prevedibile a questo punto, sono costretti a svolgere la
parte degli ottusi. L’impassibile procuratore distrettuale Markham interpretato
da Sergio Rossi non sembra curarsi dei continui smacchi ricevuti mentre ancora
più sbertucciato è il sergente Health che Silvio Anselmo ha il suo bel daffare
a rendere convincente. In principio, infatti, nell’enfatizzazione del carattere
poco acuto del sergente, Anselmo qualche volta esagera, in un limite che emerge
spesso negli sceneggiati dell’epoca, recitati spesso su un tono troppo
accentuato. Con l’andar del tempo, un po’ gli interpreti trovano il registro
giusto, un po’ lo spettatore si adegua, e tutto fila se non proprio per il
meglio in modo comunque più che dignitoso. Insomma, nel complesso La strana
morte del signor Benson lascia una buona dose di curiosità di vedere all’opera
il nostro Vance e i suoi amici nel successivo episodio. Tra le note liete da
segnalare manca da evidenziare l’attenzione dell’opera al gentil sesso
nell’ottica del tempo, affare in cui una stuzzicante e deliziosa Paola
Quattrini se la cava più che egregiamente.
Paola Quattrini
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