1150_LA JENA - L'UOMO DI MEZZANOTTE (The Body Snatcher) .Stati Uniti 1945; Regia di Robert Wise.
Tratto dal racconto di Robert Lewis Stevenson Il trafugatore di salme e da alcuni avvenimenti storicamente avvenuti in Scozia, La Jena – L’uomo di mezzanotte segnò il rapido ritorno dello staff del mitico produttore Val Lewton al genere horror, dopo lo scarso successo ottenuto da Mademoiselle Fifi (1944). La responsabilità del flop del dramma tratto da Guy de Maupassant non fu comunque attribuita al giovane regista Robert Wise che aveva già dimostrato, con gli anni passati al montaggio, di avere il cinema nel sangue. Del resto Val Lewton aveva un particolare talento nel comporre la troupe dei propri film e, ad ulteriore conferma di ciò, in quest’occasione accanto a Wise in regia venne allestito un cast nel quale spiccava la presenza di Boris Karloff e Bela Lugosi. E nonostante la RKO mise a disposizione un budget striminzito, Wise e i suoi collaboratori riuscirono ad ottenere un film formalmente inquietante, affascinante e decisamente riuscito. Le lugubri inquadrature, le immagini dense d’oscurità e di ombre più che al resista sono in genere maggiormente attribuite allo stile del produttore Val Lewton, che fu il responsabile della serie di horror d’atmosfera degli anni Quaranta marchiati RKO. Tuttavia Robert Wise, come detto ancora alle prime armi in sede di regia, si disimpegnò a dovere. Altrettanto fece Boris Karloff nel ruolo di John Gray, il villain a suo modo protagonista: l’attore britannico è un vero cattivo, in fondo è lui la jena del titolo italiano, ma lo è in modo sornione, consapevole che presso il pubblico godesse già in preventivo di ampio credito per via dei suoi film Universal, Frankenstein (1931, regia di James Whale) in testa.
Più in difficoltà Bela Lugosi, per il quale i tempi del mitico Dracula (1931, regia di Tod Browing) erano ormai un lontano ricordo. Perseguitato dal dolore di una sciatica che non gli dava tregua, Lugosi, pur se imbottito di farmaci, riuscì comunque a fornire una prestazione onorevole. La presenza di queste due icone del cinema dell’orrore è interessante e forse utile per comprendere la natura de La Jena – L’uomo di mezzanotte e del cinema horror di Val Lewton. Nei film Universal che li hanno resi celebri, Karloff e Lugosi erano mostri non solo nell’accezione che ne diamo ormai tradizionalmente ma interpretavano benissimo anche l’originale significato del termine. Il mostro, per definizione, poteva suscitare infatti orrore ma anche stupore, meraviglia; in parte questo modo di intendere la parola è rimasto, basti pensare a quando si dice mostro di bravura rivolgendosi ad una persona di eccezionale talento, per esempio.
La Universal per tutti gli anni Trenta sfornò una serie di film dell’orrore basati su questa sorta di supereroi in negativo, oltre ai citati Frankenstein e Dracula si possono ricordare l’Uomo Invisibile, la Mummia e l’Uomo Lupo. Nel decennio successivo, la RKO con Val Lewton spostò l’attenzione dell’horror su tematiche meno eclatanti. L’elemento orrorifico in un certo senso perse il centro dello schermo, finendo relegato fuori campo o nelle opprimenti ombre che contraddistinsero questa nuova corrente per un risultato che fu spesso altrettanto fruttuoso. In sostanza si potrebbe dire che l’elemento orrorifico scese dal palco per nascondersi nelle ombre o, addirittura, insidiare il pubblico al di qua dello schermo. Ne La Jena – L’uomo di mezzanotte vi è un ulteriore riavvicinamento tra gli elementi inquietanti e lo spettatore e che vi siano coinvolti due mostri sacri come Karloff e Lugosi rende quest’operazione ancora più efficace. Qui, tra i cattivi, Gray, il vetturino interpretato da Karloff in prima battuta, e i rappresentanti della scienza, di cui il principale è il dottor MacFarlane (Henry Daniell), la differenza è sottile e in qualche attimo sembra quasi che i due si scambino i ruoli. Il dottore, anche solo per il suo stato di medico che incarna quindi il progresso scientifico in chiave umanitaria, appartiene di diritto alla schiera dei buoni e quindi è giocoforza più di altri il riferimento etico e morale per il pubblico. L’aspetto sinistro è che i due principali esponenti degli ipotetici schieramenti, i citati Gray e MacFarlane, sono legati a filo doppio: se da un lato il medico sembra mal sopportare questa situazione, non può però farne a meno, perché Gray gli procura i cadaveri per i suoi studi. Da parte sua, il vetturino si compiace che un illustre dottore abbia bisogno di lui per fare il lavoro sporco. Quasi che il Male fosse felice di potersi ritenere indispensabile; magari non propriamente al Bene ma comunque a quel progresso scientifico in genere dipinto come dispensatore di benessere per chiunque. Non sembra poi troppo fantasioso, a pensarci: a conti fatti, se guardiamo come si è evoluta tragicamente la situazione, se ne potrebbe ricavare piuttosto una conferma. Oltre alla considerazione che, il tal caso, con la fiducia illuministica nella scienza ci siamo forse fatti prendere troppo la mano.
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