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giovedì 17 novembre 2022

THE BLAZING SUN

1164_THE BLAZING SUN (Sira Fil-Wadi). Egitto 1954;  Regia di Youssef Chahine.

Ironia della sorte, a rovinatore tutto, in fondo, è una mano sulla spalla, un gesto amichevole. Il che è clamoroso, in un film dove si intrecciano complotti, tradimenti, vendette e tutto il campionario di comportamenti che l’odio umano può scatenare. Eppure il boccone più indigesto in The Blazing Sun di Youssef Chahine è quel gesto amichevole con cui il protagonista Ahmed (Omar Sharif) si riappacifica con l’amico Selim (Hamdy Ghaith). Il punto dolente è che, in questo modo, il protagonista del film sdogana e giustifica l’atteggiamento di Selim, cosa che del resto aveva già fatto anche a parole in precedenza. E questo è un passaggio grave, perché il punto di vista di Ahmed è quello del regista Youssef Chahine e della storia in generale. E va ricordato che siamo nel 1954 in Egitto, non si tratta di un film più moderno in cui, per esempio, sia assente il quadro morale o in cui si provi una forma estrema di rappresentazione della realtà di un mondo in cui l’etica sia ormai andata a farsi benedire. No, per The Blazing Sun Chahine intreccia generi classici, dal melodramma al giallo al dramma sociale, con spunti che richiamano anche il western. La traccia melodrammatica prende forza nella prima parte mentre il complotto che accusa ingiustamente Saber (Abdel Warith Assir), padre di Ahmed, dell’omicidio del locale sceicco prende il sopravvento in seguito. A far da sfondo, sin dal principio e impregnando anche queste due trame in primo piano, è la questione sociale: in avvio c’è subito la competizione tra i produttori di canna da zucchero con i contadini che, guidati dalle nuove direttive agricole di Ahmed, riescono in questo modo a prevalere strappando la migliore offerta dalla locale industria di trasformazione dei prodotti coltivati. 

Il principale concorrente a farne le spese è Taher Pasha (Zaki Rostom) signorotto del luogo il cui capo dei lavoratori è proprio Saber, il citato padre di Ahmed. Il Pasha non prende la situazione molto bene, vedendo la cosa come una sorta di tradimento: il figlio di un suo devoto dipendente che guida quella che è, ai suoi occhi, una sorta di ribellione sociale. Insieme al nipote Riad Bay (Farid Shawqi), un vero delinquente, mette in atto alcune manovre criminali (l’allagamento dei campi dei contadini, l’uccisione dello sceicco facendo ricadere la colpa su Saber) al fine di non perdere i propri privilegi. Ma prima che la traccia gialla deflagri, c’è una corposa vicenda sentimentale: al paese ritorna infatti la bella Amal (Fatem Hamamah) figlia del Pasha e ancora infatuata, ricambiata, di Ahmed. C’è quindi, anche in questo caso, un tema sociale di fondo: se la ragazza è ricca, Ahmed è di ceto sociale umile oltre che portavoce delle istanze dei contadini proprio contro il padre della fidanzata. 

La traccia melodrammatica prevede comunque la presenza di un terzo elemento che è rappresentato da Riad Bay, il quale è un farabutto ma è innamorato con una forma di passione sincera della ragazza in questione. E’ curioso il fatto che nel momento in cui l’uomo chieda al Pasha la mano di Amal in cambio dell’ennesimo crimine che lo zio gli commissiona, questi rimanga inorridito. A quel punto Taher alza la sua offerta in beni materiali al nipote che però insiste, l’unica cosa che vuole è sua cugina. Al che, in modo spiazzante, il Pasha replica: “ma sei un delinquente!” Questo è un aspetto molto interessante del film perché evidenzia la capacità umana di tenere separate le varie situazioni della vita: Taher riesce, tanto agli occhi di Amal che di Ahmed ma di molti altri personaggi, a sembrare un brav’uomo perché in quei momenti simula talmente bene da essersi (quasi) convinto della sua onorabilità. E’ questo suo lato buono a scandalizzarsi per la richiesta del nipote e al contrario pretendere per la figlia un buon partito, possibilmente onesto. Viceversa quando complotta con Riad Bay la sua vera natura viene allo scoperto; in parte anche il nipote prova questa tecnica per gestire il proprio lato oscuro, ma con risultati assai più modesti essendo troppo evidente che non è un tipo molto raccomandabile. E fin qui, niente da dire, The Blazing Sun è un gran bel film, appassionante e con una costruzione dell’intreccio mirabile. 

Tra le note positive, manca da citare la scena finale, un avvincente duello multiplo in salsa western. Nella spettacolare Valle dei Re si arriva alla resa dei conti tra Ahemd, Riad Bay, Amal, Taher Pasha e lo scatenato Selim, ottusamente deciso a vendicare lo sceicco suo padre. Per l’omicidio del quale le autorità avevano già impiccato ingiustamente Saber, vittima del complotto; come si vede, il tema dell’ingiustizia, sociale e non, fa costantemente capolino nella storia. In ogni caso, l’impiccagione di Saber non soddisfa Selim che, vista l’importanza del padre, vuole duplice vendetta e cerca quindi in tutti i modi di uccidere Ahmed, e se si rendesse necessario anche la sua complice Amal. Narrativamente è un passaggio lecito, è chiaro; ma va stigmatizzato almeno quanto quelli criminali di Taher Pasha e Raid Bay. Forse di più, anche; di certo non un millimetro di meno. 

Selim non ha alcuna giustificazione nei suoi propositi omicidi, nemmeno l’avidità che anima le scelte degli altri delinquenti della storia. E’, a conti fatti, il peggior personaggio del film. Ma, tanto Ahmed che il regista Youssef Chahine lo trattano con indulgenza, quasi che il fatto di aver perso il padre lo giustifichi nell’ammazzare una manciata di persone (innocenti). Peraltro, già l’atteggiamento di Ahmed nei confronti della ragazza amata nel concitato finale lascia alquanto perplessi. Il giovane sembra privo del fondamentale rispetto nei confronti di Amal, quando questa non aveva invece badato a rivelargli che dietro la morte dello sceicco e alla falsa accusa a Saber, c’erano suo padre e suo cugino. Il sospetto che l’essere donna da quelle parti fosse una sorta di colpa, in questi frangenti emerge con forza. Il che può anche essere culturalmente possibile, sia chiaro, ma dal protagonista di un film classico – con i suoi espliciti richiami ai generi, quello è The Blazing Sun – del 1954 si pretende un comportamento assai più nobile e emancipato. Nonostante questi passaggi, ci aspetta anche di peggio, una vera doccia gelata. Smascherato il complotto e chiarito l’equivoco, Ahmed mette una mano sulla spalla di Selim, solidarizzando con chi, fino ad un minuto prima, gli aveva sparato addosso. Un atteggiamento che mostra il chiaro intento di manifestare l’approvazione, o quantomeno un’eccessiva comprensione del protagonista, e di conseguenza quella del regista, per il folle comportamento del figlio dello sceicco. Che, di fatto, rimane il criminale peggiore della storia; con buona pace di Ahmed, Youssef Chahine e dello stesso The Blazing Sun che così naufraga proprio sul filo del traguardo. 



Fatem Hamamah



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