1169_DIECI PICCOLI INDIANI . Regno Unito 1965; Regia di George Pollock
Ennesima trasposizione dell’omonimo romanzo di Agata Christie, Dieci piccoli indiani di George Pollock assolve degnamente gli intendimenti di prodotto di godibile intrattenimento rispettando in questo lo spirito del testo all’origine. Alcuni dettagli narrativi, ad esempio l’ambientazione in ambito sciistico – in una magione arroccata sulla cima della montagna raggiungibile solo tramite la funivia – aggiorna la vicenda originale agli anni Sessanta giustificando, in un certo senso, questo nuovo remake. Pollock era fresco della serie di film dedicati a Miss Marple, sempre tratti dalla Christie, e si mantiene grosso modo in quella scia, pur smorzandone i toni più leggeri. Non che Dieci piccoli indiani sia un film cupo, sia chiaro; in ogni caso il mistero che incombe sui personaggi funziona per tutti i 92 minuti del lungometraggio e il senso di minaccia ha qualche spunto incisivo. Il ritmo narrativo, scandito dalla progressiva eliminazione di quasi tutti i dieci personaggi, i dieci piccoli indiani del titolo, non molla mai la presa e lo spettatore non viene mai abbandonato dalla suspense che percorre e sostiene la storia. Le variazioni introdotte sulla trama originale, valga per tutte la citata ambientazione sulle Alpi austriache, sono funzionali e non hanno particolari controindicazioni. Bene la regia, diligente ma efficace, superba la fotografia in bianco e nero, ottime le interpretazioni degli attori. I protagonisti principali sono Hugh Lombard (il prestante Hugh O’Brian) e Ann Clyde (la splendida Sherley Eaton), con la loro storia sentimentale che si intreccia con discrezione un filo pepata alla traccia gialla; interessanti anche i personaggi più attempati, dal giudice Cannon (Wilfrid Hyde-White), al dottor Armostrong (Dennis Price), all’investigatore Blore (Stanley Holloway). Il generale Mandrake (Leo Genn), il cantante Raven (Fabian), la star del cinema Ilona Bergen (Daliah Lavi) e l’inserviente Elsa (Marianne Hope) escono invece dal film tutto sommato troppo in fretta per incidere. Discorso a parte per Joseph Grohmann, interpretato dal grande Mario Ardorf e quindi memorabile anche solo per questo: avvincente la pesante scazzottata con Lombard che infiamma l’attrice Ilona, per una volta spettatrice. Il finale è a sorpresa multipla, forse non del tutto convincente ma comunque buono per risolvere gli interrogativi lasciati in sospeso dalla trama. Nel complesso un risultato forse non trascendentale ma certamente gradevole, come detto rispettosamente in linea con la poetica della celebre giallista autrice dell’ingombrante soggetto.Shirley Eaton
Daliah Lavi
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