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domenica 13 novembre 2022

BABA AMIN

1162_BABA AMIN . Egitto 1950;  Regia di Youssef Chahine.

L’esordio di Youssef Chahine dietro la macchina da presa è una commedia, condita da qualche intermezzo musicale, che nel concreto lascia più di qualche perplessità. Certo, va messo a referto, tra le attenuanti per la mancata riuscita dell’opera, oltre all’inevitabile poca esperienza di Chahine, la relativa autonomia della produzione legata al fatto che l’Egitto fosse ancora una monarchia – sarebbe caduta pochi anni dopo – in una atmosfera tutt’altro che di facile lettura dove le influenze occidentali si facevano strada in una società fortemente tradizionalista. Al di là delle conseguenze cinematografiche a questa situazione, quello che stona è la prospettiva moralistica che impregna Daddy Amin: si stigmatizza la condotta morale della protagonista Huda (Faten Hamamah) per il solo fatto di esibirsi cantando in pubblico – “davanti a degli uomini” per usare le parole della scandalizzata madre – spacciando questa critica, all’interno della logica del film, come il punto di vista onesto sulla questione ma, di fatto, è probabilmente sulla presenza scenica della Hamamah che si fonda il richiamo della pellicola. Per altro, a guardare con uno sguardo dei nostri giorni, la Hamamah, nota come la Signora degli schermi arabi e principale attrice egiziana di sempre, perde totalmente il confronto col fascino dell’altra star della pellicola, quella Hind Rustum, il cui appellativo era addirittura quello di Marylin Monroe d’Oriente e che nel film interpreta l’elegante e sensuale Sonia.

Al di là di questi aspetti superficiali, che sono peraltro alla base dell’ipocrita matrice del film che nel suo svolgimento li condanna pur servendosene, la trama è ben costruita e lo sviluppo della storia è gradevole. L’escamotage narrativo che prevede che tutta quanta la vicenda non sia che un sogno anticipatore di papà Amin (Husain Reyadh), il quale, al suo risveglio, potrà quindi porre rimedio a tutti i guai in procinto di accadere, è risaputo ma ben gestito da Chahine, con ironia e umorismo. Nel sogno, il pacioso signore passa a miglior vita ma la sua essenza rimane presente, seppur invisibile, e così assiste impotente al tracollo economico e morale della sua famiglia. Non senza responsabilità: i problemi finanziari, alla base di tutto, nascono infatti da una truffa in cui incautamente si era lasciato trascinare. L’attenzione all’aspetto economico sociale, che Chahine terrà costantemente d’occhio anche in seguito, è quindi già presente in questo non indimenticabile Daddy Amin, sebbene non è che questo possa essere considerato sufficiente a salvare la pellicola. Per valutare la quale, basta osservare i numeri musicali, con alcune coreografie davvero ai minimi termini: pensando alla fama della danza egiziana e delle sue celebri interpreti, le ballerine fuori tempo di Daddy Amin lasciano senza parole.  








Hind Rustum


Faten Hamamah



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