IL RITORNO DELLO ZAR: #L'ORA DELLA FINE
1059_CRIMEA (Krym). Russia, 2017; Regia di Aleksey Pimanov.
Film di mera propaganda russa che ricorda un po’ certi prodotti americani dal tenore analogo degli anni 80, Krym (Crimea) non necessita una critica che ne smascheri gli evidenti intenti faziosi. Certo, siamo d’accordo che in un mondo ideale sarebbe bello che le vicende che tirino in ballo la Storia la rispettino poi per filo e per segno; ma è pura utopia. Un minimo di partigianeria è quindi inevitabile perché chi dirige un film, o racconta una storia, la vede dal suo punto di vista e questo è uno scoglio insormontabile nell’eventuale ricerca dell’assoluta oggettività. Detto questo, ai meri fini della funzionalità narrativa di un racconto che rimane comunque di fantasia (come Crimea, appunto), sarebbe sempre opportuno non forzare mai eccessivamente la mano, in un senso o nell’altro, perché se le ragioni o le virtù stanno tutte dalla stessa parte la vicenda perde profondità. Questo parlando della funzionalità del film; non si tratta più, quindi, di un problema di propaganda, anche perché le persone interessate alle vicende del 2014 in Crimea, nei fermenti successivi ai fatti di Maidan, difficilmente si guarderanno il film bellico sentimentale di Aleksey Pimanov per farsi un’idea nel merito. Purtroppo esiste il concreto rischio che, in persone senza senso critico, film come Krym alimentino il sentimento popolare che poi viene abilmente incanalato dall’élite governante. Però, in un’epoca in cui si hanno a disposizione mezzi e modi di approfondimento, non tanto dei fatti in sé (quelli non semplici da conoscere nella loro realtà, questo va riconosciuto) ma di tutta la cultura universale, dalla lettura al cinema e ad ogni forma d’arte, dovrebbe essere lecito attendersi un certo grado di maturità dal pubblico che si appresta a vedere un film che ha la pretesa di un approccio, diretto o indiretto, alla Storia.Krym, con la sua faziosità di bassa lega può
solamente soddisfare le necessità di un pubblico in iperproduzione ormonale:
per i maschietti le scene di potente violenza con il personaggio interpretato
da Roman Kurtsyn e per le femminucce le sofferenze sentimentali di quello della
bella Evgeniya Lapova. Lui è giovanotto nato in Crimea (made in URSS,
per usare le sue parole), lei arriva da Kiev. A livello di cittadinanza, sono
tutte e due ucraini ma, dopo le furibonde proteste di piazza Maidan, gli eventi
precipitano e i nostri baldi giovani finiscono su sponde differenti. Il
sentimento filorusso nella penisola divampa, incendiato dal ritorno dei Berkut,
accusati dovunque in Ucraina per le violenze contro i manifestanti di
Euromaidan e, al contrario, acclamati come eroi in Crimea. Sasha e Alyona,
questi i nomi dei due protagonisti, pur amandosi, come detto si trovano ora su
due barricate opposte, senza alcuna speranza di accordo. L’assoluta mancanza di
speranza per la loro storia d’amore, considerato che si tratta di un film
sentimentale, è l’indice lampante di come in Russia sia considerata l’ipotesi
di una soluzione pacifica nella crisi con l’Ucraina. Pari a zero,
evidentemente. Tornando a Krym, tra l’altro, dal punto di vista formale
il film è un prodotto dozzinale, sebbene conosca il ritmo televisivo e qualche effettaccio
(le super zoomate), insomma i trucchi giusti per tenere desta l’attenzione. La
storia d’amore ha un avvio semi-adolescenziale, e qualche intermezzo dello
stesso livello, che sono, peraltro, gli aspetti più appetibili del film. Se ci
siano dei passaggi storicamente attendibili in quanto mostrato sullo schermo è
certamente probabile ma il risultato della sfrenata propaganda può, come detto,
essere controproducente. Insomma, per Krym non serve la differenziata.
Evgeniya Lapova
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