IL RITORNO DELLO ZAR: #L'ORA DELLA FINE
1070_ILOVAISK 2014 - BATTAGLIONE DONBASS (Ilovaisk 2014- Batalyon Donbas). Ucraina, 2019; Regia di Ivan Timchenko.
Il vero tallone d’Achille di Ilovaisk 2014 – Batalyon Donbas, film di Ivan Timchenko, è forse un aspetto che, a prima vista, può anche sembrare il suo piatto forte. Siamo nel Donbass, Ucraina sudorientale, dove i fatti di Maidan e la svolta europeista del paese hanno provocato una reazione violenta che ha coinvolto la popolazione russofona. La Crimea si è separata dall’Ucraina per unirsi alla Federazione Russa, attraverso un referendum (contestato da Kiev), mentre negli oblast’ di Lugansk e Donetsk si è scatenata una guerra secessionista con i filorussi spalleggiati direttamente da Mosca. Ed è proprio qui che ci porta il regista Ivan Timchenko, con una pellicola che ha numerosi spunti storicamente attendibili, al punto che il protagonista, Bishut, alias Taras Kostanchuk, è interpretato dallo stesso Kostanchuk che, ad onor del vero, nemmeno si disimpegna poi troppo male nel ruolo di attore. Perlomeno nel confronto con gli attori di professione nel cast, tra i quali, nei panni dei membri del battaglione di volontari Donbass, vale la pena ricordare Oleg Drach nel ruolo di Skif, Istan Clever in quello di Franco e Alexander Mavritz in quello di Schulz. Passando all’azione, gli ucraini avanzano riconquistando Popasna e Kurakhovo; siamo in piena estate del 2014: ora è la volta di Ilovaisk. Lo scontro qui si fa assai più duro e gli ucraini cadono come mosche sotto l’artiglieria filorussa; il battaglione Donbass è costretto a ripiegare. Il comandante Bishut e il soldato Quentin, ferito ad una gamba, trovano riparo in un’abitazione di Ilovaisk. La padrona di casa, una nonnina di nome Nadezhda, pur essendo di lingua russa accetta di ospitarli segretamente.
Nella città, intanto, è giunto Valery Runkov (Serhiy Dzyalyk), un ex colonnello sovietico alla ricerca del figlio, che finirà per confondere la vicenda bellica con le beghe personali scatenando una caccia all’uomo contro Bishut. Nel frattempo anche la bella Svetlana (Anastasia Renard) ha scoperto della presenza dei due fuggiaschi ucraini in casa della vecchia Nadezhda, ma non li denuncia, anzi solidarizza, per usare un eufemismo, con Quentin, il più giovane dei due. Sarà invece sua zia Valentina a tradire Bishut e Quentin; e dire che Svetlana aveva chiesto al comandante ucraino di togliere una scheggia dalla schiena della donna sua parente, rimasta ferita sotto un bombardamento. Quest’anima traditrice che contraddistingue, guarda caso, una russofona – mentre nessuna infamia del genere è imputabile ai personaggi di lingua ucraina – è soltanto uno degli elementi un filo partigiani del racconto.
Tutti i soldati del Battaglione Donbass hanno qualche caratteristica affascinante, perfino il non eccessivamente aitante Usach (Sergey Solopay) scampato con i suoi baffi (da cui il soprannome) e il lanciagranate alla mattanza degli scontri. Viceversa i militari filorussi hanno facce da pendagli da forca e Runkov, l’unico che sembra avere una dirittura morale da vecchio soldato sovietico, ha comunque modi eccessivamente brutali e si lascia facilmente accecare dall’odio personale. Non è certo la neutralità dello sguardo la nota di merito del lungometraggio di Timchenko e ulteriore conferma la possiamo trovare nei rapporti sessuali che Svetlana intrattiene nel film. Fa l’amore con l’ucraino Quentin mentre è violentata dall’ex compagno di scuola e ora militare della Nuova Russia; questi intermezzi sentimentali potrebbero sembrare corpi estranei al racconto, inseriti forse per mettere un po’ di pepe, ma acquistano un significato nel loro confronto.
Tuttavia tutto questo sbilanciamento a favore dei nazionalisti, che emerge prepotente anche nelle tante e riuscite scene di battaglia, può essere tollerato senza troppi scompensi dallo spettatore. In fondo quasi tutti i film di guerra sono film di propaganda, è inutile nasconderlo; ivi compresi quelli prodotti in occidente a Hollywood come a Pinewood o altrove. Il punto un po’ dolente di cui si accennava in apertura, è appunto la riuscita realizzazione scenica degli scontri bellici, il che può sembrare contradditorio. Però quella che vediamo in Ilovaisk 2014 – Batalyon Donbas è una guerra troppo bella, per essere vera. Intendiamoci: i morti ammazzati e i feriti fanno impressione anche in questo film, questo è evidente. Ma la guerra, almeno al cinema, in genere, è più sporca, meno scenografica, meno solare. Qui, al contrario, le scene dell’avanzata del convoglio ucraino in aperta campagna preso di mira dall’artiglieria separatista sono avvincenti e coinvolgenti e, verrebbe proprio da dire, divertenti. E, quindi, va bene la propaganda ideologica, ovvero cercare di convincerci delle ragioni di uno o dell’altro, va bene anche il ricorso all’epica narrativa ma far sembrare una guerra ancora in corso un enorme videogame dalla grafica assolutamente perfetta, immersa in splendidi scenari illuminati dalla calda e gialla luce solare, anche no. Ma forse è solo un'impressione e Ilovaisk 2014 – Batalyon Donbas è un onesto e spettacolare film bellico forse solo un pelo troppo confezionato.
Anastasia Renard
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