IL RITORNO DELLO ZAR: #L'ORA DELLA FINE
1058_CRIMEA: LA VIA DELLA PATRIA (Krym: put na rodinu). Russia, 2015; Regia di Sergey Kraus e Andrey Kondrashov.
Definito dalla pagina di Wikipedia anglofona come appartenente al poco lusinghiero genere degli pseudo-documentari (ovvero, documentari basati su falsità costruite ad arte), Crimea: la via della patria (questa la traduzione del titolo originale), ci riporta ai tempi dell’annessione della penisola che si affaccia sul Mar Nero alla Russia, nel 2014. Per farla breve, possiamo dire che il testo racconta dal punto di vista russo tutta quanta la vicenda, a partire dai fatti di Euromaidan fino alla ratifica della richiesta di adesione alla Federazione Russa da parte della Crimea. Per dar voce a questa narrazione, Andrey Kondrashov chiama in causa direttamente Vladimir Putin per una lunghissima intervista che sorregge tutta quanta la ricostruzione dei fatti. Naturalmente nel mondo occidentale si considera questa visione delle cose ben poco attendibile ma va riconosciuto che il racconto è molto ben dettagliato ed è poco probabile che possa essere tutto quanto falso. Alcuni aspetti della vicenda, come ad esempio l’appartenenza culturale e linguistica della Crimea alla Russia, e di conseguenza della maggioranza della popolazione ivi residente, sembrano avere una base concreta, anche se è solo un elemento da valutare nel quadro complessivo e non certo l’unico. Ci sono, peraltro, situazioni presentate in un modo enfatico ma che risultano ben poco convincenti: il presunto eroismo degli agenti del reparto antisommossa Berkut, corresponsabile delle violenze di Maidan, ad esempio.
L’arrivo sulla scena dei Cosacchi del Kuban’ in soccorso dei filorussi di Crimea è perlomeno pittoresco mentre le cosiddette Persone Educate sono un po’ un autogol degli autori e della propaganda russa in generale. La definizione, infatti, stride non poco con il loro aspetto: sono militari che si presentarono senza insegne e mostrine in Crimea, allo scopo di tutelare la popolazione russa della penisola. Ora, il concetto stesso di forze militari in territorio straniero è già critico in sé, sebbene pare che le forze armate russe avessero stipulato un accordo con Kiev per poter mantenere la propria base militare in Crimea; è però il fatto di presentarsi senza segni di riconoscimento che rende la situazione ben più che sospetta.
E il tentare di mistificare la cosa presentando questa forza militare con un amichevole appellativo dovrebbe nelle intenzioni rassicurarci ma ottiene esattamente l’effetto contrario. Rimanendo in tema, le denunciate ingerenze della Nato e degli americani negli affari ucraini hanno, questo va riconosciuto, corrispondenze con altre fonti che sembrano confermarle. L’attenzione del documentario a questo passaggio, in onestà effettivamente cruciale, è rivelatrice. Nel contestare le operazioni sottobanco degli Stati Uniti in Ucraina (da condannare senza se e senza ma, sia chiaro), il Cremlino sembra quasi pretendere l’esclusiva nel merito. Gli storici legami russo-ucraini o anche la presenza di popolazione russofona hanno l’aspetto di mero pretesto per Mosca per poter mostrare i muscoli. In questo intricato quadro generale, che il filmato interpreta completamente in chiave russa, la domanda retorica che si pone un Putin minaccioso (quando nel resto dell’intervista appare tutto sommato determinato ma tranquillo) su quanto siano disposti a rischiare i partner occidentali, stando a migliaia di chilometri di distanza, chiarisce meglio di altri passaggi lo stato delle cose secondo il Cremlino. La convinzione russa è che non sia lecito che i paesi occidentali abbiano tutti questi interessi in quell’area geografica: ma, nel caso fatale, non saranno certo i russi a tirarsi indietro.
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