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giovedì 3 dicembre 2020

SUSANNA!

679_SUSANNA! (Bringing Up, Baby!). Stati Uniti1938. Regia di Howard Hawks.

Oggi siamo forse abituati a pensare ad Howard Hawks come ad un grande regista; giustamente, verrebbe da dire, ma lo status di autore alla volpe grigia di Hollywood lo diedero i francesi dei Cahiers du cinema perché, in precedenza, in patria era più che altro stimato per la sua abilità produttiva complessiva. Specialmente ai tempi di Susanna!, nel 1938, Hawks era ritenuto un autore in grado non solo di dirigere, ma anche produrre, gestire ed organizzare interamente la realizzazione di un film. E, proprio in virtù della fiducia riposta nel cineasta americano, l’insuccesso al botteghino di Susanna! colse impreparata la RKO Radio Pictures che, in tutta risposta, gli tolse l’incarico per il successivo film previsto. Per altro il tempo ha reso giustizia all’opera di Hawks e Susanna! è considerato un capolavoro della commedia americana. C’è un motivo, probabilmente, alla base dello scarso riscontro al box office, ed era il fatto che il film fosse un’assoluta novità. Susanna! è considerato infatti il capostipite e anche il prototipo ideale della screwball comedy; il significato del termine screwball deriva dalla palla da baseball lanciata con effetto e che ha quindi una traiettoria non lineare, simile all’andatura di un ubriaco. In essa convergono elementi della commedia sofisticata, molto in voga al tempo, e della comicità slapstick, che furoreggiava all’epoca del cinema muto. Come si vede sono due elementi quasi in antitesi: l’eleganza formale della commedia e la fisicità delle gag delle comiche. Ma, in effetti, la commedia per sua natura verte abitualmente proprio sulle contrapposizioni di elementi diversi e, di conseguenza, la chimica di questa neonata corrente cinematografica funzionò alla grande sin dal principio (con buona pace del botteghino).

La sopraffina capacità di Hawks nel risolvere i problemi in campo di realizzazione del film, sia in tema registico che di altra natura, è il motivo alla base di questa semplice e naturale funzionalità di Susanna! Il regista americano, avendo a che fare con una storia caotica che toglie il terreno sotto i piedi allo spettatore, mantiene almeno il suo racconto lineare, cosa che era prettamente nel suo stile, accompagnandoci fianco a fianco dei suoi personaggi, senza complicare la struttura narrativa con flashback o altri artifici. Su questa linearità narrativa si innestano poi le magistrali prestazioni degli interpreti. Anzi, in modo specifico di una interprete in particolare. Se il protagonista maschile, Cary Grant (è il dottor David Huxley) si affida ad un’interpretazione un po’ convenzionale dell’imbranato dall’aspetto assai aitante ed attraente, Katharine Hepburn (Susan Vance) è la vera mattatrice: un terremoto che sconquassa l’intero film. La Hepburn possiede il nonsense di Stanlio, la fisicità distruttrice di Ollio, spara battute come Groucho, ma è credibilissima anche come elegante signora da serata in vestito lungo. Che, in una delle scene più famose, finisce naturalmente strappato come altrettanto naturalmente finisce l’abito di Grant. Ma sono i rischi, quelli degli strappi, di quando si va a tutta birra. 

Una vera screwball, infatti, una palla lanciata con forza ed effetto come di deve, una palla davvero ubriaca, non viene certo colpita dalla mazza del battitore, ma va velocissima a finire spedita nel guantone; allo stesso modo funziona Susanna! Sappiamo sin da subito che Susan e il dottor David convoleranno al lieto fine, si tratta solo di vedere quanto ubriaco sarà il loro percorso. La storia prevede la metafora di uno scheletro di brontosauro, simbolo di un certo immobilismo maschile o della società del tempo, venire travolto da Susan, vera forza dirompente della storia. Di contro il personaggio maschile è in perenne affanno: di più, lo vediamo addirittura regredire a livello infantile, a carponi, giocando con il cane alla ricerca dell’osso smarrito. Il film è un frullatore nel quale finiscono anche un leopardo, anzi due, un vecchio e imbolsito cacciatore, una zia danarosa, una ragazza noiosa, e poi poliziotti e addetti del circo: tutti vengono centrifugati ma la figura che esce sempre imperturbabile da qualunque situazione, manco fosse un cartoon delle Loonely Tunes, è lei, Susan. La Hepburn è la vera forza motrice del film: forse l’unica donna di aspetto molto piacevole in grado di lavorare ad una storia d’amore dentro ad una commedia senza sconfinare nel sentimentalismo, anche per il suo, diciamo così, anticonvenzionale sex appeal. 

E’ curioso come i rimandi sessuali siano molto labili, soprattutto considerando che il film verte sugli equivoci tra un uomo e una donna, con questa che sostanzialmente cerca di mettere nella rete il primo e ovviamente ci riesce. Ci sono passaggi in cui qualche rischio piccante si corre, come nella citata scena degli abiti strappati con la camminata sincronizzata, uno dietro all’altra, ma è poca roba; anche la famosa battuta di Grant con la vestaglia da donna, “sono improvvisamente diventato gay” (in Italia, termine sostituito con pazzo) sembra semplicemente un momento umoristico. In seguito, il genere Screwball comedy è tramontato abbastanza velocemente, intorno agli anni 40; certo, capiteranno esempi nel corso del tempo, ma la forza della corrente sembrò legata unicamente a quel breve periodo. Chissà, forse correre come pazzi, senza fermarsi troppo a riflettere, poteva essere un modo in quegli anni per evitare di guardare in faccia alla realtà, che tra Grande Depressione e XX Guerra Mondiale in arrivo, non era certo troppo invitante.          





Kaharine Hepburn





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