696_PINOCCHIO . Stati Uniti; 1940. Regia di Autori Vari.
In Italia, in genere, l’aspetto che lascia maggiormente perplessi nella trasposizione del Pinocchio di Walt Disney è una certa libertà nell’adattamento della trama. Ed è forse questo l’unico neo di una reputazione sempre altissima del secondo Classico di casa Disney, altrimenti riconosciuto come autentico capolavoro. La fama è legittima, questo va chiarito sin da subito: Pinocchio è un film di animazione sopraffino. In parte lo scetticismo italiano è comprensibile: nel belpaese il racconto di Collodi, da cui è tratto il film, è conosciutissimo e, l’inevitabile paragone, sembra denotare una certa semplicità del prodotto cinematografico rispetto all’impegnativo testo letterario. E’ vero: ma è proprio questo il pregio maggiore del Pinocchio del grande Walt. Oltre che nella trama, la differenza più lampante, e forse significativa, è proprio nel carattere del protagonista: quello del racconto era un autentico birbante, quello del film è semplicemente ingenuo. Sia questo cambiamento, che gli altri generali della storia in quest’ottica, furono l’impegno maggiore per lo studio che dovette lavorare a lungo per arrivare ad una scrittura di base che fosse pienamente soddisfacente. E moderna. Perché l’idea che un individuo possa essere colpevole (la birbanteria gratuita del Pinocchio del racconto italiano) senza alcuna motivazione all’origine, poteva andare bene giusto nell’Italia di fine XIX secolo. (Per quanto, nel nostro paese, sia forse ancora oggi un’opinione che attecchisca sempre facilmente). Negli Stati Uniti, patria dell’ottimista Sogno Americano, alla soglia degli anni Quaranta, il concetto di innocenza fino a prova contraria era invece già più largamente diffuso.
Quindi inutile inimicarsi il protagonista presso il pubblico coi comportamenti cialtroneschi che aveva l’originale Pinocchio: per la storia prevista nel film, al nostro burattino basta una buona dose di ingenuità. E si tratta di una scelta educativa (è pur sempre una storia per ragazzi) in quanto cerca di mettere in guardia chiunque, perfino la persona più in buona fede ovvero quella che si lascia abbindolare facilmente. Non c’è una separazione netta, tra l’essere buoni o cattivi: o meglio c’è, ma il terreno su cui muoversi tra le due parti è scivoloso ed è facile sbagliare quasi senza intenzione. Per questo anche il Gatto eE, propriamente, come scena bidimensionale, ha anche una funzione figurativa, simbolica: se
Si studiarono rigorosamente i movimenti
per i meccanismi degli orologi a cucù della casa di Geppetto mentre per i
carri, come quello di Mangiafuoco o del Postiglione, che avevano movimenti più
grandi, complessi e articolati, venne utilizzata la tecnica del rotoscope. Direttamente dai fotogrammi
di una ripresa reale di un carro vennero quindi ricalcati i disegni necessari
ad inserire il mezzo di locomozione nell’animazione con un effetto altamente
realistico. Per le figure umane, a differenza che in Biancaneve e i Sette Nani, il rotoscope
venne usato in un modo meno diretto,
cercando cioè di mantenere una certa autonomia nel disegno da parte degli
animatori che andavano a ricalcare le siluette degli attori.
Del resto è proprio lei che propone il patto a Pinocchio, rispondendo al desiderio di Geppetto: ma se al piccolo burattino chiede un impegno morale e, soprattutto, disinteressato, deve essere lei stessa una figura di garanzia. Operazione sicuramente ardua, specialmente in America dove tutto è invece oggetto di speculazione, in particolar modo la bellezza femminile nel cinema. Eppure grazie ad una prodigiosa capacità di centellinare e misurare ogni singolo dettaglio, movimento ed espressione dell’incantevole personaggio, alla Disney riuscirono nel prodigio: la bellissima Fata Azzurra è insuperabile per grazia e dolcezza.
Anche nell’uso dei colori fu posta la massima attenzione: in un’ambientazione che prevedeva una larga presenza di oggetti e strutture in legno, furono usati pigmenti opachi in luogo di quelli più acquerellati che avevano una resa pittorica più naturale; questo senza però diminuire la gamma di sfumature che ogni superficie degli sfondi doveva avere per garantire l’adeguata profondità della scena. Per quel che riguarda le intere sequenze, in questo senso, oltre all’uso della tecnica del rodovetro per l’animazione dei personaggi sugli sfondi, il superbo impiego della multi-plane camera permise risultati a tutt’oggi ragguardevoli. Alcune panoramiche sul paesino di Pinocchio, o passaggi obbligati con gli oggetti che si sfocano mentre vengono lasciati indietro dall’avanzare dell’inquadratura, sono di grandissima suggestione visiva. Ma tutto questo splendido e ancora oggi difficilmente eguagliabile lavoro in campo di tecnica dell’animazione, passa in secondo piano di fronte al punto cruciale dell’opera che, come detto in principio, è fondamentalmente una semplificazione. Quello che salva Pinocchio è la sua scelta disinteressata, volta a salvare ad ogni costo Geppetto. E se questo, in America, negli anni Quaranta poteva sembrare comunque una decisione notevole, lo è ancora oggi e lo sarà ancora in futuro. Ovunque.
in effetti la cura molto dettagliata degli orologi mi ha sempre incuriosito, non poteva che esserci uno studio preciso dietro ;)
RispondiEliminasono d'accordo sulla conclusione, avercene di protagonisti disinteressati!... però adattamenti di Pinocchio basta così, grazie! ╮(╯_╰)╭
Pare invece sia un tema gradito agli autori. Anche se il ritmo di adattamenti, almeno stando a wikipedia, sia diminuito negli anni.
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