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martedì 22 dicembre 2020

DUMBO - L'ELEFANTE VOLANTE

698_DUMBO - L'ELEFANTE VOLANTE (Dumbo). Stati Uniti; 1941. Regia di Autori Vari.

Dopo i passaggi poco lusinghieri al botteghino di Pinocchio e Fantasia (entrambi del 1940), mentre le ambizioni facevano pericolosamente lievitare i costi di produzione di Bambi, oltre a ritardarne l’uscita, alla Disney serviva un prodotto economico e di rapida realizzazione che rifocillasse le casse dello studio. Sono queste le premesse alla base di Dumbo – L’elefante volante. In effetti il film è stilisticamente assai più povero dei precedenti: personaggi disegnati in modo semplice e sfondi acquerellati che non reggono certo il paragone con gli altri classici del tempo. La stessa durata dell’opera, solo 64 minuti, è indicativa: alla RKO Radio Pictures, lo studio che curava la distribuzione nelle sale per conto della Disney, chiesero di allungarlo un po’ (e le scene oniriche poco prima della fase finale sembrano una risposta in tal senso) o, peggio, di declassarlo a B-movie o addirittura a cortometraggio, dopo una adeguata sforbiciata. Walt Disney tenne il punto: Dumbo – L’elefante volante andava bene così ed ebbe due volte ragione. La prima delle quali alla cassa, visto che il film riportò utili quanto mai benedetti per la casa di Burbank, anche considerando i citati precedenti poco promettenti dei film Disney e tenendo sempre presente che si era in pieno periodo bellico. Ma del successo del film nelle sale ci interessa poco: ciò che veramente conta, è che Dumbo – L’elefante volante, nonostante le prosaiche premesse, è un capolavoro senza tema di smentita. Certo, i limiti dal punto di vista stilistico si vedono tutti, e anche la semplicità della trama, che ha uno sviluppo esiguo, è innegabile. 

Ma gli autori Disney, come loro solito, seppero trasformare i limiti imposti dalla produzione in opportunità e imbastirono, con rapidi tocchi narrativi, una sorta di brutto anatroccolo ambientato tra gli elefanti del circo. L’ironia, presente sin da subito con la scena della cicogna in ritardo, stempera il sentimentalismo che, appena può, si fa strada grazie al rapporto tra Dumbo e la madre. Il ritmo del treno in corsa su cui si sposta il circo è uno degli elementi che aiuta a sveltire la narrazione, mentre le elefantesse danno il benvenuto al piccolo elefante in società. Gli animatori badano al sodo e tratteggiano in modo efficace i personaggi: la dolcissima mamma di Dumbo indossa la papalina della puerpera, le altre, con i loro pomposi ornamenti piumati, si riveleranno grette e superficiali nel deridere il nuovo arrivato per il suo aspetto. Il doppio binario, comico e drammatico, è ben dosato e il passaggio più crudele, dove Dumbo combina un pasticcio proprio per colpa delle sue ingombranti orecchie, è di fatto una comica. Le elefantesse costruiscono una piramide, issandosi una sull’altra, ma il maldestro arrivo di Dumbo, che avrebbe dovuto salire sulla cima, fa crollare perfino il tendone. 


La scena è comica nelle premesse ma la sua resa sullo schermo è fortemente drammatica. E le conseguenze addirittura strazianti: Dumbo è ridicolizzato e finisce a fare il clown ma, soprattutto, viene escluso dalla società delle elefantesse; sua madre, che si era già imbizzarrita in precedenza vedendolo deriso, è un’altra volta relegata in catene. Come si vede, la storia non ha alcun pudore nel suo tentativo, peraltro funzionale, di strappare lacrime allo spettatore. L’unico ad essere solidale con Dumbo è Timoteo, un topo, ovvero qualcosa che, stando alle convenzioni narrative, non dovrebbe avere particolare feeling con gli elefanti. Il che potrebbe sembrare un classico tocco alla Disney ma, se lo è, non è quello principale oltre a non essere nemmeno particolarmente originale. 


La svolta, in Dumbo – L’elefante volante deve ancora arrivare e si presenta sotto le spoglie di un gruppo di corvi, efficace metafora dei neri americani. L’atteggiamento strafottente, l’abbigliamento, il linguaggio: i corvi sembrano davvero ragazzi di strada di qualche quartiere malfamato e accolgono in modo non certo benevolo Dumbo e Timoteo. Senza particolare cattiveria: sono comportamenti, si potrebbe dire rituali, peculiari di molti giovani afroamericani dell’epoca che vivevano in veri e propri ghetti. Tipici bulli di periferia, insomma. Ma quando Timoteo gli spiattella in faccia quello che si sono dimostrati essere, prendendosi gioco del povero Dumbo, e quando il topo sottolinea come questi, a differenza loro, non ha una famiglia, nemmeno una madre che lo aspetti, essendo la poveretta incatenata, i corvi non ci stanno. 

E questo è il vero Disney touch, quello che fa svoltare Dumbo – L’elefante volante e lo eleva a capolavoro: la scelta dei corvi. I quali, oltre a prodursi in uno splendido pezzo musicale, Giammai gli elefanti volar, aiutano Dumbo a ritrovare un po’ di fiducia in sé stesso, grazie ad un pizzico di pizzicologia, un’altra trovata geniale, e il finale non è lieto ma addirittura trionfale. In pieno periodo di guerra, con le sorti del conflitto bellico ancora in bilico, la celebrazione del sogno americano che gronda maggiore ottimismo mai vista al cinema, un elefante che riesce addirittura a volare, è raggiunta grazie al fondamentale apporto di una minoranza etnica generalmente emarginata dalla società americana dominante. Che, se vogliamo, presenta delle evidenti somiglianze con il gruppo delle stolte elefantesse.
La strada verso l’apice artistica spesso non segue percorsi complessi o arzigogolati e Dumbo – L’elefante volante, con la sua semplicità, vi arriva fino in cima. Stavolta senza far crollare né piramide e nemmeno tendone. Insomma, un vero capolavoro. 









3 commenti:

  1. Al di là dell'indubbia qualità di questo cartone, anche tu pensi che i circhi con animali andrebbero aboliti?... mi dispiace per tutte quelle volte che in passato ho accettato di andarli a vedere... d'ora in poi vedrei solo circhi con clown, acrobati e altre cose che possono fare gli umani da soli... e infatti l'elefantessa in catene è una cosa tristissima :'(

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  2. Mah, personalmente non sono mai andato al circo ne sono un appassionato. Penso che siano una cosa che poteva andare quando mancava una sensibilità, una consapevolezza, in materia di rispetto degli animali. Oggi la buona fede non è più una scusa credibile e quindi penso che l'utilizzo di animali per esibizioni circensi o simili sia un po' difficile da giustificare. Ma, non essendone particolarmente affascinato, ammetto di non conoscere più di tanto i possibili risvolti e quindi il mio è un discorso generico e in via di principio. Purtroppo, da parte mia, ho una macchia assai peggior di essere andato al circo, in quanto, anni fa, per una sorta di equivoco, a Madrid vidi una corrida. Non credevo si trattasse di una corrida vera e propria, inoltre ero in un gruppo e non volevo essere il guastafeste di turno, visto che, essendo una specie di anteprima stagionale aveva un nome diverso e quindi le mie resistenze parvero solo pretestuose. Così non insistetti e accettai. Fu uno spettacolo choccante, forse il peggiore a cui io abbia mai assistito. Ne avevo scritto nelle mie Note di Viaggio, una sorta di diario dei viaggi che facevo, che pubblicavo su FB. Purtroppo FB ha chiuso la sezione e non sono più visibili. Purtroppo per me, che ho perso i miei testi.

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