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venerdì 4 dicembre 2020

SFIDA NELLA VALLE DEI COMANCHE

680_SFIDA NELLA VALLE DEI COMANCHE (Gunfight at Comanche Creek). Stati Uniti1963. Regia di Frank McDonald.

Innanzitutto chiariamo un equivoco che può sorgere facilmente per lo spettatore italiano: di indiani in Sfida nella Valle dei Comanche non ce ne sono. Quello dell’anonimo regista Frank McDonald, è un western incentrato sulla lotta ai fuorilegge da parte di un’agenzia investigativa. Il titolo originale, Gunfight at Comanche Creek è tutto sommato simile a quello scelto nell’edizione italiana ma fa riferimento alla cittadina, Comanche Creek appunto, dove avviene la sparatoria finale. Per altro anche sul piano degli scontri a fuoco, evocati appunto dal titolo originale, il film delude un po’ le attese; in effetti non è che sia questo capolavoro Sfida nella Valle dei Comanche. Si tratta, insomma, di un ordinario B-movie che poggia la sua ragion d’essere sulla trama gialla o quantomeno investigativa, nemmeno esente da difetti, per la verità. E la cosa infastidisce un po’: si comincia con il boss della National Detective Agency che si dispiace molto (e giustamente) per la morte di uno dei suoi uomini nel tentativo di smascherare una banda di fuorilegge. Che non sembri curarsi troppo che nell’azione sia morto anche uno sceriffo, può essere plausibile, ma lascia quantomeno perplessi vedere come spedisca Gifford (uno spento Audrey Murphy) in una situazione del tutto simile alla precedente e che, analogamente, causerà l’inevitabile morte del vicesceriffo di turno. D’accordo, si tratta di un dettaglio della sceneggiatura trascurato, ma in un film americano stride. C’è il tentativo di mascherate la debolezza generale dell’impianto narrativo con una voce fuori campo che ci accompagna, chiarendo i passaggi critici, per tutta la storia. Escamotage funzionale ma che confessa implicitamente una carenza in fase di scrittura dell’opera; sufficiente il ritmo narrativo che consente una visione serena se non proprio appassionata. Se la regia è convenzionale anche Murphy non convince ma è tutto il cast, in generale, a non entusiasmare: si salva Colleen Miller che però ha una parte troppo marginale anche se, nel momento decisivo, è suo lo spunto che smaschera il vero colpevole. Va da sé che non stiamo parlando della Garbo, per carità, ma nel suo vestitino ha almeno il giusto piglio.  




Colleen Miller






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