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martedì 10 dicembre 2019

LA RAGAZZA CON LA VALIGIA

467_LA RAGAZZA CON LA VALIGIA ; Italia, Francia 1961Regia di Valerio Zurlini.

Un convoglio ferroviario passa sfrecciando mentre, dalla parte opposta sopraggiunge una spider, che però non va oltre, ma si ferma, proprio davanti alla macchina da presa. Un treno che passa e se ne va, in opposizione ad un’auto che arrivando si ferma: c’è subito un totale contrasto in quello che vediamo, in La ragazza con la valigia, splendido film del maestro Valerio Zurlini. Dall’auto scende la meravigliosa protagonista della pellicola, una Claudia Cardinale mai così bella: la macchina si è fermata perché Aida, il suo personaggio, deve fare pipì, e quindi si apparta dietro un cespuglio. Nella scena non è certamente vestita come una stella del cinema, eppure raramente capiterà di vedere la Cardinale esibire in modo così prepotente il fisico, proprio come una maggiorata, una delle dive italiane del tempo; la cosa verrà sottolineata anche in un dialogo del film. Ecco, quindi, un altro contrasto: la bellezza più pura, la divinità cinematografica (intuita da Zurlini, perché l’attrice al tempo non era ancora affermata come diva), ripresa mentre è in preda alle più fisiologiche necessità umane. Ma questo modo di procedere per contrasti, per contrapposizioni forti, è una delle cifre stilistiche di Zurlini, si era già visto, ad esempio, in Estate violenta (1959), suo notevole precedente lungometraggio. Del resto anche questo film che si intitola La ragazza con la valigia, sembrerebbe lasciar intendere una protagonista in movimento ma, treni e auto vanno in direzioni opposte, quasi ad annullarsi, l’incipit della storia è una pausa (quella più classica e fisiologica) e nel finale ritroviamo Aida che lascia mestamente a piedi una stazione ferroviaria. Insomma, c’è una valigia in ballo, ma non si va da nessuna parte. 

E, sempre a rimarcare questa vena spiazzante della narrativa dell’autore bolognese, un film in cui sono approfondite al meglio le psicologie dei personaggi, su tutti Aida ma anche Lorenzo Fainardi (Jaques Perrin) e via via tutti gli altri in modo proporzionale al minore spazio nel racconto a disposizione, La ragazza con la valigia è più che altro un manifesto simbolico. Aida, al centro, rappresenta l’arte, o il cinema che abbia delle pretese autoriali,  come quello di Zurlini, appunto. Già il nome è quello di un’opera di Giuseppe Verdi, tra l’altro citata espressamente nel film, quando la Cardinale si arrotola un asciugamano in testa, a ricordare un copricapo egizio e, magnificamente, scende le scale di villa Fainardi. 


E, poi, in ogni caso, la protagonista del film è effettivamente un’artista. E come l’arte, intesa come bellezza nella forma più pura, è contesa da tutti, ma per motivi strettamente egoistici. Nel racconto del film Aida è una cantante di Riccione che il vitellone Marcello (Corrado Pani), quello della spider nonché fratello di Lorenzo, seduce con la scusa di farle fare carriera. Dopo qualche giorno di dolce vita, la scarica: già un tentativo avviene alla sosta citata, ma la povera Aida è troppo svelta nei suoi bisogni e, quando sorprende Marcello, sceso in realtà dalla macchina per mollarle di soppiatto la valigia e filarsela, ingenuamente pensa che l’uomo volesse sbirciarla nell’intimità. E’ un passaggio molto bello, perché in pochissimi fotogrammi, oltre a mostrare la meschinità di Marcello, esprime la semplicità, un po’ volgare ma spontanea e sincera, di Aida. 

La stessa che rivela in seguito con Lorenzo, quando, per raccattare un po’ di soldi, cerca di vendere al ragazzino sedicenne un ferro da stiro da viaggio. Aida prova a convincerlo che potrebbe essere un bel regalo per mamma, e quando lui risponde malinconicamente con un “magari”, lei, senza alcun pudore né tatto, si scusa esplicitamente per la gaffe, avendo capito che il ragazzo è orfano di madre. Molto brava la Cardinale, quindi, anche se va detto che il doppiaggio di Adriana Asti fa tutta la differenza del mondo. In ogni caso è proprio nella messa in scena, nel comporre i risvolti della trama, che Zurlini è bravissimo a descrivere i comportamenti, e le psicologie che li determinano, dei suoi personaggi. 

Questa capacità di architettare le sue storie si sublima nelle scene dei balli, materia in cui il regista aveva già dato sfoggio di assoluta maestria in Estate violenta. Forse in La ragazza con la valigia non c’è un passaggio esemplare come quello sulle note di Temptation con protagonisti Jean-Louis Trintignant e Eleonora Rossi Drago, ma l’utilizzo della musica come contrappunto all’azione è comunque sopraffino. C’è anche qui la scena di ballo, con il povero Lorenzo messo all’angolo dal Francia (Renato Baldini), altro dongiovanni che scalda subito i motori quando vede l’avvenenza di Aida. Il ragazzino resta seduto sul dondolo a guardare gli adulti che ballano, col Francia che stringe a sé il corpo della protagonista. Poi il gruppo viene invitato ad abbassare la musica, siamo in una terrazza all’aperto e, vista l’ora, stanno disturbando il vicinato. Al che il Francia e i suoi propongono di andare in qualche locale a proseguire la serata; Lorenzo saluta, in modo educato ma evidentemente deluso, e Aida si ferma con l’intenzione di consolarlo un po’ prima di congedarlo e unirsi agli altri. Una delle ragazze, l’ultima a lasciare la terrazza, mette sul giradischi un disco a tutto volume: Impazzivo per te, di Adriano Celentano. Se l’azione in sé è un evidente dispetto rivolto a chi si era lamentato per il chiasso, le parole del molleggiato sottolineano i sentimenti di Lorenzo ora che Aida si avvicina finalmente a lui. 


L’utilizzo delle canzoni per evidenziare i momenti caldi è una costante in Zurlini, non  a caso le colonne sonore dei suoi film sono zeppe di brani di musica leggera. Le canzonette, che spesso grondano sentimento, sono perfette per esprimere gli stati d’animo dei personaggi, anche se il regista le usa anche per contrasto, confermando la sua vocazione stilistica già descritta. Così sulla brutale scazzottata che, a sorpresa, rilancia nella storia Lorenzo, Mina che canta Tinterella di luna sembra non c’entrarci un fico, ma finisce invece per esaltare la violenza della scena. Zurlini, da vero appassionato d’arte, anche musicalmente non si limita alle canzoni della hit parade ma, come già accennato, da spazio anche all’Opera, con le note dell’Aida dedicate alla protagonista nella scena dopo il bagno nella casa dei Fainardi. E’ un momento intenso, perché la Cardinale dona al suo personaggio una presenza scenica non trascurabile e, in ogni caso Lorenzo, che ne è già cotto, rosola ulteriormente, ma il tutto è visto in un’ottica più ironica che romantica. Una ragazza, bella finché si vuole ma non certo raffinata, scende una scala di una lussuosa villa, sulle note dell’Aida, con un asciugamano in testa mentre un ragazzino di sedici anni la guarda innamorato. Eppure, nonostante nulla sembri al suo posto, la scena funziona. Un po’ come il film, nel quale non succede quasi niente, eppure tiene incollato lo spettatore allo schermo. 


Tutto ruota intorno ad Aida: gli uomini che la vedono, la desiderano, ma solo per soddisfare l’urgenza della passione sessuale. L’unico che sembra provare un sentimento profondo, è Lorenzo; che però è un ragazzino. Zia di Lorenzo a parte (Luciana Angiolillo), il film è un corollario di maschi intorno ad Aida. Marcello, il Francia, poi anche Romolo (Riccardo Garrone): la loro è la classica tattica, tante bugie per arrivare allo scopo, e poi tanti saluti. Va beh, Romolo arriva a darle anche dei soldi, pur di convincerla. Piero (Gian Maria Volonté), il vecchio fidanzato, sembra invece volerla tenere con sé più per gelosia che per amore. Don Pietro (Romolo Valli), insegnante di Lorenzo e figura morale della storia, prova a mettere fine alla strana tresca sentimentale tra Aida e il ragazzo. Le sue parole inchiodano la giovane di fronte alle sue responsabilità: se non ha raggirato Lorenzo in modo esplicito e diretto, certo ha approfittato della situazione senza indugi. Così la vicenda sembra chiudersi, e Aida lascia Parma e Lorenzo per far ritorno a Riccione. Ma si è già ripetuto dell’attitudine di Zurlini ad andare narrativamente controcorrente così, quando meno te l’aspetti, Lorenzo rispunta fuori. 
Chissà, forse era stato un bene mettere le cose in chiaro, come ammettere di essere il fratello di Marcello, che la ragazza cercava furibonda per essere stata raggirata, dopo che per tutta la storia aveva negato persino di conoscerlo. Così come poteva fargli comprendere meglio la situazione sapere che Aida aveva un figlio ed era addirittura vedova. Dopo essersi ritrovati, la decisione di lasciarsi, presa spontaneamente e senza la forzatura morale di don Pietro, poteva tenere accesa una speranza per il futuro. O comunque lasciare sulla storia l’impronta di un amore puro e sincero, in mezzo a tutto il sudiciume dei troppi pretendenti interessati solo ad approfittare dell’avvenenza di Aida. 

E appunto in questo attacco alla diligenza, con Marcello, il Francia, Romolo e, a suo modo anche Piero, che ricordano quei faccendieri che gravano intorno al mondo dell’arte (e del cinema), con interessi speculativi e personali, che ci si può leggere la metafora tra Aida e l’arte più pura, compresa quella a cui ambisce il cinema di Zurlini. E allora l’amore sincero e disinteressato di Lorenzo, fosse anche senza speranza di avere un futuro, è una boccata di aria fresca. L’arte non è prostituzione, esattamente come Aida, pur con tutti i suoi comportamenti a volte un po’ troppo opportunistici, non è una donna di strada. La ragazza lo aveva esplicitamente detto a don Pietro, cogliendo argutamente l’allusione appena abbozzata nelle parole del prete. Don Pietro aveva negato di averci mai pensato ma il boccone era comunque indigesto per Aida, che si era giustamente risentita. Ma quello era ancora niente. Il colpo peggiore le sarebbe arrivato nel modo meno atteso (in perfetto stile con la poetica zurliniana, del resto). Lorenzo, prima di lasciarla per tornare a Parma, le consegna una busta: nel messaggio troverà quello che il ragazzo non è mai riuscito a dirle con le parole. Ma nella busta Aida non troverà i sentimenti di Lorenzo scritti nero su bianco, ma semplicemente dei soldi. Aveva dunque ragione don Pietro.
Andandosene tristemente a piedi dalla stazione, Aida sembra sentirsi davvero una donna di strada.
Un destino troppo spesso comune all’arte e anche al cinema.
Mai a quello di Zurlini. 


Claudia Cardinale














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