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giovedì 5 dicembre 2019

LA DONNA CHE VENNE DAL MARE

462_LA DONNA CHE VENNE DAL MARE ; Italia, Spagna, Francia, 1957Regia di Francesco De Robertis.

Chissà se fu soltanto la convinzione nazionale a privilegiare un altro tipo di cinema oppure incise anche l’adesione, a suo tempo, alla Repubblica Sociale Italiana del regista Francesco De Robertis, ma qualcosa deve spiegare il mistero che riguarda La donna che venne dal mare. Che non è la provenienza della donna in questione, che ha le fattezze sontuose di una Sandra Milo degna di Hollywood; no, il mistero da chiarire è perché un bel film di spionaggio (puro e semplice spionaggio con un’abbondante spruzzata di sentimento), sia del tutto passato inosservato in una cinematografia, quella italiana, che invece dovrebbe valorizzare al massimo quei pochi, pochissimi, testi cinematografici avventurosi del dopoguerra. Sono i film come La donna che venne dal mare che mancano, alla nostra Storia (non solo del cinema) e che hanno consegnato intere generazioni ad un’altra cultura, quella americana di Hollywood, certamente apprezzabile, ma che in Italia ha finito per sostituire completamente il nostro modo di concepire il cinema. Almeno quello popolare; ovvero quello che, prodotto per il popolo, finiva per avere un’influenza decisamente concreta sullo stesso molto più (infinitivamente di più) del cinema sul popolo, ovvero quello della tipica produzione italiana frutto dell’imperante elite nazionalculturale. La donna che venne dal mare è un film di spionaggio, si diceva; in realtà, l’intrigo spionistico non regge propriamente da solo l’architettura dell’opera. De Robertis sembra rendersene conto e c’è qualche passaggio che pare confermare questa tesi.

Ad esempio quando Danae, il bel personaggio della Milo, recupera il portasigarette, e si pensa possa essere tutta una messinscena per assistere alle operazioni dei militari subacquei; oppure quando, ancora la ragazza, si sofferma ad origliare dietro una porta. Danae è una sorta di spia, e la sua matrice duplice potrebbe dar credito a queste tracce; ma poi arriva sempre la smentita narrativa. Perché, se è vero che come film di spionaggio è un po’ troppo semplice, (Danae è una spia ma non è fredda e spietata come il ruolo le impone, visto che si innamora di uno dei militari coinvolto nell’operazione), il lungometraggio trova  comunque altre sponde su cui poggiarsi.

Una di quelle è la presenza scenica della Milo di cui si è detto, e va aggiunto che, anche per via del doppiaggio di Adriana De Roberto, la prova dell’attrice finisce addirittura per surclassare quella del suo partner maschile nella storia, nientemeno che Vittorio De Sica nei panni del console Bordogin. De Sica se la cava egregiamente, sia chiaro, ma a tradirlo un po’ è l’attitudine alla commedia o comunque ad un’eccessiva teatralità che, in un film avventuroso, è superflua se non addirittura fastidiosa. Comunque l’attore conosce il mestiere e lui e la Milo nei locali di Algeciras, complice anche il bel bianco e nero della pellicola, sembrano rinverdire i tempi dei noir esotici di produzione americana.

In effetti l’ambientazione è uno dei punti di forza della storia, d’altra parte De Robertis è uno specialista in film di guerra e quindi sa bene che il terreno propizio è fondamentale per la riuscita di qualsiasi operazione. L’incombente presenza del promontorio di Gibilterra, le strade di Algeciras, dall’atmosfera già così esotica, il mare come punto di riferimento costante: il tutto ripreso dalla bella fotografia di Carlo Carlini e Enzo Serafini e accompagnato dalle musiche di Piero Piccioni. Al film manca forse la forza autoriale, De Robertis si limita un po’ troppo al proprio compito di narratore d’avventura, mentre la storia sentimentale avrebbe dovuto avere ben altra potenza, anche se il finale tragico perlomeno ci prova. Il rammarico è così doppio: non solo non si è raggiunto il bottino pieno, che sembrava davvero alla portata. Ma da qui a non rendere gli indiscutibili meriti della pellicola, come abitualmente accade a questo misconosciuto film, è davvero il colmo.  





Sandra Milo




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