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venerdì 6 dicembre 2019

SITUAZIONE IMBARAZZANTE

463_SITUAZIONE IMBARAZZANTE (Bachelor Mother); Stati Uniti, 1939Regia di Garson Kanin.

Il regista di Situazione imbarazzante, Garson Kanin, non è un nome molto noto, perlomeno al grande pubblico. In effetti i suoi lavori dietro la macchina da presa non sono poi molti e nemmeno di grande richiamo. Ma Kanin, spesso in coppia con la moglie Ruth Gordon, è stato un formidabile sceneggiatore di commedie, all’opera sui lavori del maestro del genere George Cukor e tra i quali vale la pena ricordare almeno La costola di Adamo (1949) e Nata ieri (1950). Nel 1939 Kanin era ancora agli inizi della sua carriera cinematografica, ma il talento, soprattutto nella capacità di imbastire con semplicità le ricche trame fatte di equivoci tipiche della commedia, c’era già tutto. Già lo spunto su cui si fonda il film rivela la genialità dell’autore: volendo architettare una storia che si basa su un elemento immorale e scabroso (giova ricordare che siamo nel 1939), ovvero la maternità prematrimoniale, Kanin se ne inventa uno che di fatto non c’è. In sostanza l’equivoco, vero asse portante di ogni commedia, è già nelle fondamenta della Situazione imbarazzante (per citare il titolo italiano): perché Polly Parrish (una Ginger Rogers adorabile, come sempre, del resto) non è la ragazza madre che tutti credono. Il piccolo John non è suo figlio; e che ad affibbiarglielo sia un istituto caritatevole, per nulla caritatevole in quegli ostinati passaggi in cui non vuole credere alla ragazza, è un graffio sociale tipico della migliore tradizione della commedia americana. Kanin, mentre tesse, con tutta la nonchalance necessaria, una storia davvero imbarazzante (soprattutto per l’epoca), si prende anche il lusso di sbertucciare un istituto che si occupa di bambini abbandonati, con la sana irriverenza di chi non si cura delle convenzioni sociali ma va a mettere il dito proprio nella piaga. 

La critica di Kanin agli organi dell’assistenza sociale ci sta tutta, anche perché, fatta nella bonaria ottica della commedia, non scalfisce l’opera meritoria di queste organizzazioni ma prende di mira soltanto certi comportamenti di quegli impiegati che, con zelo malriposto, ne tradiscono gli intenti. E tutto questo è soltanto inerente allo spunto che dà origine alla concatenazione di eventi che si svilupperanno poi nel solco collaudato della commedia americana, trascinando lo spettatore nelle bizzarre vicissitudini dei protagonisti. Prima di parlare dei quali, che va detto sono uno dei cardini portanti su cui poggia la funzionalità della pellicola, va ancora dato merito al regista che imprime subito un carattere ironico ma al contempo acuto al suo film. Il lungometraggio si apre su una ripresa aerea che poi si scopre essere semplicemente un vista su una sorta di plastico: come dire, attenti a quello che guardate, non sempre le apparenze sono veritiere. 

Cosa confermata pochi istanti dopo quando il  vecchio industriale J. B. Merlin (il solito grande Charles Coburn) annuncia il regalo di Natale per i propri dipendenti, insieme al quale fa però recapitare la lettera di licenziamento per alcuni di loro, tra cui la povera Polly. E, al di là del messaggio sulla ingannevole natura del pacco dono, nel gioco ad incastri della commedia, questo elemento ha una sua funzione anche narrativa, a testimonianza del raffinato lavoro in sede di scrittura del testo. Coburn fornisce una prestazione da par suo e, seppur latitando nella fase centrale del lungometraggio, è fondamentale nel forzare lo stallo e far concludere la storia. 

Prima della prevedibile e lieta soluzione finale, infatti, gli equivoci e gli scambi di ruolo si sono sommati a tal punto che, se per tutto il film non si sa chi sia il padre del bambino (e anche la madre naturale, in ogni caso), nel finale abbiamo due padri dichiarati, un padre inevitabilmente predestinato (David Niven nei panni di David Merlin) e un nonno (Merlin senior) ostinatamente convinto. Tutti logicamente falsi. Niven, nemmeno trentenne, era già il David Niven che tutti conoscono e la sua prestazione in Situazione imbarazzante è esattamente quella che ci si può aspettare da lui, (considerando la giovane età). Merlin jr è un elegante borghese di ispirazione aristocratica, che ama spendere il suo tempo divertendosi piuttosto che aiutare il più pragmatico padre a far funzionare l’azienda di famiglia. E, soprattutto, non pare per nulla intenzionato a mettere la testa a posto, ovvero farsi una famiglia con tanto di erede maschio per il patriarca di casa Merlin. 

Se Coburn è il solito asso e Niven svolazza per la pellicola, il vero perno del film è però Ginger Roger. Ginger è un’attrice certamente professionale ma, più che altro, unisce fascino e bellezza (elementi indispensabili al cinema) ad una carica umana e umoristica che la rende perfetta per la commedia. La sua gamma espressiva, i suoi sguardi, le sue alzate di spalle, le sue battute spesso taglienti, le permettono di passare attraverso ogni situazione (anche quella imbarazzante del film) senza perdere un filo di eleganza. Ma Ginger Rogers, come del resto la Polly del film, non è una bellezza aristocratica; la sua è l’eleganza più vera, quella più autentica e meno sofisticata. Quella della classe operaia che, nel suo caso, sembra davvero aver trovato alloggio in paradiso.  






Ginger Rogers







          

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